La solita storia ( e geografia)
Compito per le vacanze: leggere Strada
di Mario Giordano da “Il Giornale” del 12.06.07
A scuola si decide quale strada prendere. Solo che alle volte è una Strada sbagliata. O, almeno, una Strada un po' pericolosa. Lo dico con un po' di titubanza, perché mi hanno insegnato da piccolo che le istituzioni non si contestano e i professori hanno sempre ragione: ma il rigido senso di disciplina, vi confesso, è andato un po' in crisi l’altro giorno quando mio figlio mi ha fatto vedere l'elenco dei compiti delle vacanze. Dunque, secondo la sua professoressa in tutta l'estate lui e i compagni devono leggere quattro libri. Quattro libri sono già di per sé pochini, secondo me. Ma la sorpresa è stato scoprire che, fra questi quattro libri fondamentali per la formazione di un pre adolescente, ci sono L'Agnese va a morire (storia di una staffetta partigiana scritta a caldo, subito dopo la fine della guerra, e pubblicato dalla Einaudi) e Pappagalli Verdi di Gino Strada.
Ho detto a mio figlio che quella lista, forse, andrebbe un po' integrata. Perché io non ho nulla contro L’Agnese va a morire o i pensieri di Gino Strada: trovo però piuttosto bislacco che siano considerati due dei quattro testi fondamentali per la preparazione di un ragazzino di seconda media, che passa così direttamente da Harry Potter ai miti acritici della Resistenza, da Dragonball all'odio di Bush senza nemmeno avere gli strumenti per capire la violenza che si sta operando sul suo cervello.
In seconda media non hanno studiato la seconda guerra mondiale, il fascismo, il nazismo e se gli chiedi che cos'è l'8 settembre ti rispondono (se va bene): il giorno in cui si torna a scuola. Come possono capire la storia di un'eroina di nome Agnese che gloriosamente va in giro a spaccare la testa altrui (giusta azione: si trattava di un soldato tedesco, per di più nemico dei gatti), in un mondo diviso in tutti i buoni da una parte (i partigiani) e tutti i cattivi dall'altra? Sia chiaro: avrei molte perplessità anche se a mio figlio avessero dato da leggere, senza preparazione alcuna, uno degli ultimi libri di Pansa. Ma chissà perché i libri di Pansa nelle scuole non sono molto amati.
Quelli della Resistenza sì, invece. E quelli di Gino Strada, pure. Ho chiesto a mio figlio se sapesse chi è Gino Strada, se a scuola avessero spiegato qualcosa, magari un approfondimento, ho provato a interrogarlo su Emergency, le mine, la guerra e l'Onu. Nebbia totale. A mala pena lui sa collocare (grosso modo) l'Afghanistan sulla cartina geografica e ha qualche idea sui talebani, anche se nell'ultimo compito a casa me li ha piazzati in Turchia. Rispetto ai suoi compagni, comunque, è già piuttosto avanti. Ora mi chiedo: non è una violenza far calare nelle zucche dei nostri figli un libro di Gino Strada, come se fosse vangelo, senza che loro sappiano nulla di chi è, cosa fa, dei meriti e delle polemiche che l'uomo suscita?
Ma più ancora mi faccio un'altra domanda: davvero fra i quattro libri fondamentali che un ragazzino di seconda media deve leggere c'è Gino Strada? Con tutto quello che è stato scritto? Proprio Gino Strada? E L’Agnese va a morire? Ma la professoressa pensava davvero, quando ha compilato quell'elenco, al bene dei ragazzi? O era accecata dalla sua ideologia? E perché deve permettere all'ideologia di entrare così pesantemente nella formazione dei suoi studenti?
Ho provato a sollevare il tema con un po' di genitori. Ne sono venute fuori di tutti i colori. Uno mi ha raccontato che suo figlio (prima media) è tornato a casa da scuola ripetendo che «Bush è un assassino, ce lo ha detto la prof». Un altro mi ha raccontato che l'insegnante della figlia, spiegando i peggiori tiranni di Atene, ha chiosato: «Dittatori e demagoghi, insomma come Berlusconi». Le battute in cattedra si sprecano, le risatine di scherno pure.
Sia chiaro: non tutti i prof sono così. Ma ce ne sono tanti, oserei dire troppi che confondono l'ideologia con l'insegnamento. I docenti possono (anzi: devono) avere le loro idee, naturalmente. E sono del parere che possano anche manifestarle a scuola. Ma prima mettano gli studenti nelle condizioni di capire, di documentarsi, di farsi un'idea. Magari di discutere. Così li si aiuta a crescere. Altrimenti è un plagio, una violenza senza pari nei confronti di ragazzini che non potranno mai scegliere davvero liberamente. E che saranno convinti che la verità sia da raccogliere tutta su un'unica Strada, anche quando quella strada porta a sfasciare le teste altrui con un fazzoletto calato sul viso. Perché in fondo che male c'è? Sfasciare la testa agli assassini come Bush e Berlusconi è da eroi, no? Ce lo ha insegnato Agnese. Lei va a morire, si sa. E la nostra scuola, di questo passo, pure.
Mario Giordano
Non ricordo il nome del libro sul quale si studiava la geografia alle medie. Ma ricordo benissimo la sua forma: era un quadrato perfetto di 40 cm di lato. Ammetto che preferivo di gran lunga l’aritmetica e la geometria alla geografia. Spesso, durante le ore di lezione, utilizzavo quel libro dalla forma singolare per calcolarne la diagonale, oppure l’area dell’immaginaria circonferenza inscritta. Poi, quando mi annoiavo, con la matita ed il righello disegnavo sulla copertina tre belle righe verticali e tre orizzontali e passavo il resto della lezione a giocare al “quadrato magico”.
Anche alcune immagini della Cina comunista ritraevano uomini e donne sorridenti: chi al suo posto di lavoro in fabbrica, chi pedalando in compagnia della famiglia sull’immensa Piazza Rossa.
Nella sezione storica, si potevano guardare i dipinti che raffiguravano una moltitudine colorata di cinesi festanti che, con innumerevoli drappi rossi, salutavano il liberatore della loro Patria. Un Mao, severo ma buono, che probabilmente tutti i bimbi dagli occhi a mandorla avrebbero voluto avere come loro papà.
Ma poi si giungeva al capitolo americano. I cieli azzurri erano scomparsi. In ogni immagine, tetri grattaceli si profilavano su sfondi grigi, fumosi.
Le foto riprese all’interno delle città erano ancora più angoscianti: strade coperte da rifiuti; case pericolanti e all’apparenza poverissime, dove vivevano famiglie di neri americani; barboni che dormivano sulle panchine dei parchi o chiedevano la carità.
Della sezione storica, mi ricordo l’immagine di una bimba vietnamita che piangeva disperata. Sullo sfondo, solo terra bruciata.
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