Non bevo più….davvero.
Ho deciso di non bere più alcolici. Sono giunto a questo stupefacente proposito il 20 maggio scorso.
Forse è stata una decisione avventata.
Qualcuno obietterà che questa è una scelta che riguarda la sfera privata, che non meritava certamente di apparire in un post e soprattutto che è di scarso interesse per chi mi conosce solamente attraverso questo blog.
Ok, se avessi inteso solamente manifestare la mia rinuncia all’alcool, non avrei aspettato tanto. Il giorno stesso o il giorno dopo il “gran rifiuto”, avrei scritto:
“Caro Diario, ho deciso di non bere alcolici per questo, quello e quell’altro motivo…”
Perché ne scrivo ora?
Perché mi sto accorgendo che questa scelta avrebbe dovuto essere meglio ponderata, per evitare alcune complicazioni nel rapporto con gli amici, i colleghi, i semplici conoscenti.
Cercherò di spiegarmi meglio, riportando una conversazione avvenuta due giorni dopo la grande sciocchezza, quando mi sono recato in una frasca delle Valli del Natisone per incontrare uno dei miei amici.
Ho ricostruito il dialogo fedelmente (ho un’ottima memoria).
LUI-Ah Ciao, infìn tu sês rivât. Čhol une čhadree
e ven a bevi un taj
Mister, puartâ donğhe un quartin di neri. Cabernet!
Lui-Ah. Mister, un taj di blanc e un taj di cabernet
IO-No proprio non bevo vino. Ho deciso domenica sera di non bere più.
LUI-Ma sei stato male? Sei in cura? (spesso, in circostanze "critiche", passare alla lingua italiana rende la situazione più drammatica).
IO-Ma no che .azzo. Se volessi veramente conservare la mia salute dovrei smettere di fumare, o magari dedicarmi solo ai toscani che almeno quelli non li aspiro.
Il fatto è che domenica sera sono andato a mangiare in un Agriturismo di Spessa (di Cividale) con l’amico con quale “'lin a rimpinâsi su pes montagnis”…lo conosci, Rico. Avremmo bevuto sì e no una bottiglia in due. Eravamo in auto, ed a Premariacco ci hanno fermato i carabinieri…
LUI .- O zio boj..
IO- Aspetta! Ci hanno fermato i carabinieri –guidava Rico- gli hanno chiesto i documenti dell’auto e se aveva bevuto.
LUI .- O zio boj..
IO- Aspetta! Secondo me, avrebbe potuto dichiarare di non aver bevuto, perché era a posto. Perfetto.
Beh, tu sai, quando si beve qualche bicchiere di troppo si esce dal locale un po’ allegri. Sempre pronti alla guida, ma un po’ brillini, no? E’ capitato qualche volta anche a noi, che dici?
LUI- Eeeh, ma ben plui di une volte…
IO- OK. Insomma avevamo bevuto poco. Per me lui era “sincero”. A posto. E cosa mi combina?
LUI- Dice che aveva bevuto! (nuovo ricorso all’italiano che denota l’illogicità e la tragicità della situazione)
IO- Afferma di non aver bevuto che un paio di bicchieri a cena.
LUI- Cojon!
IO- Aspetta! Allora i cabibi gli chiedono se aveva qualche obiezione a sottoporsi alla prova dell’ etilometro. – ipocriti! Come se ci fosse stata qualche altra via d’uscita-. Rico ha risposto che non si sarebbe opposto. E così è successo.
LUI- Eh, che è successo?
IO- Due prove, due esiti positivi. 1,0 e 0,8 grammi/l di alcool nel sangue. Ritiro della patente e multa, credo sui 300 euro. Non so per quanto avrà la patente sospesa (forse 15 giorni); non so se gli decurteranno dei punti.
LUI- E poi come avete fatto per rientrare?
IO- Qui sta il bello. Ho detto che non avevo bevuto. E ho sostenuto d’essere astemio. Mi hanno creduto. Mi sono messo alla guida della macchina, e siamo partiti..
LUI- Cazzo, hai rischiato!!!
IO- E quando mai io evito il rischio? Comunque era tutto calcolato. Tu sai bene che ho sempre ammirato Rico perché è più bravo di me ad arrampicare. Ma ti sei mai chiesto il perché’?
LUI- BOH?!?
IO-Io sono alto 1 metro ed ottantacinque e peso quasi ottanta chili. Rico è alto nemmeno 1 metro e settanta e pesa 20 chili in meno. E’ agile come un gatto sul sesto grado, ma se beve un paio di bicchieri in più, si blocca. Invece io sono più lento sulla roccia, ma bere 3 o 4 bicchieri di vino non mi rende meno lucido.
D’altra parte, ormai ho deciso di non bere più, così non avrò problemi di sorta con le forze dell’ordine.
LUI- Mah! A parte che questo discorso del peso e dell’altezza mi convince poco. Hai deciso di non bere più? Ma non hai appena detto che tu non eviti mai il rischio?
IO- L’ho detto? Sicuro? No, ti sbagli.
LUI- Mah. Lassìn stâ là.
Insumis, tu a finît di bevi.
Dome aghe. Brâv, o soi propit cuntent.
Con tutti quei poliziotti per le strade, si dovrebbe smettere tutti di bere alcol, è sempre un pericolo.
IO- E’ proprio vero.
LUI- Bon o bevin ančhemò alc. Un SPRIZ??
Non bevo più….davvero. In Bosnia
Mercoledì scorso 24 maggio, di buon mattino, parto per recarmi in Bosnia. A mezzogiorno esatto sono a Sarajevo, a casa di un amico serbo, dove incontro alcuni colleghi bosniaci. A mezzogiorno e un minuto, un minuto e trenta, mi ritrovo davanti ad una bottiglia intatta di Viljamovka, non artigianale ma di gran pregio. Quattro musulmani mi fissano attendendo che io stappi, Dragan, il serbo, mi sta alle spalle per ricevere la bottiglia e versarne il contenuto nei bicchierini.
La grappa alla pera (kruška) da secoli è la mia preferita. Guardo la bottiglia (quella della foto) e mi sento smarrito, soprattutto, quando pronuncio la fatidica frase: "non bevo alcolici".
Il gelo cade nella stanza. Dalla cucina non odo più i rumori delle stoviglie. Dragan, che mi conosce da tempo, crede che stia prendendo in giro tutti, e mi chiede in italiano se l’enormità che ho appena dichiarato corrisponda al vero. Io confermo. Durante il pranzo, mi accorgerò che l’atteggiamento dei presenti nei miei confronti è sensibilmente cambiato. Prima ero uno di loro. Ora mi tengono un po’ a distanza.
Avrei dovuto agire diversamente.
In fondo, bere Slijvovic o altro, ingollando quarti di caffè alla turca mentre si fuma come ciminiere, è un comportamento comunissimo in tutta l’Europa dell’Est: il vero amico, o l’ospite perfetto, la prima cosa che fa appena si entra nella sua casa è mettere l’acqua a bollire per il caffè, e presentarti la sua migliore bottiglia di rakja.
La sera, prima di addormentarmi, penso ad una scappatoia che mi consenta di proseguire l' astinenza alcolica, senza incrinare i rapporti con gli amici del luogo.
Ho un’idea.
Non è corretto, ma il fine giustifica i mezzi.
Poi i ricordi mi riportano a quei giorni in cui a Vareš aiutavo un amico e suo fratello nella raccolta e nella distillazione delle susine. Lui per ringraziarmi non mi faceva ripartire senza che accettassi un bottiglione o due di Slijvovic che io prontamente spartivo con gli amici.
Mi sorprendo di tornare con i ricordi a tempi più remoti. In quei giorni di freddo (anche -30°), quando il sole nella regione di Sarajevo restava nascosto per settimane. Ed allora in mezzo alle faggete, una zuppa, o un pezzo di burek ed una bottiglietta di Slijvovic, erano sufficienti per scaldarci.
Esaurito il mio compito a Sarajevo, decido di partire nel pomeriggio per Tuzla. La sera sono all’Albergo Senad, in un bungalow con la vista sul lago.
L’indomani mattina, con comodo parto ed in un’oretta arrivo a destinazione (15 chilometri circa dal capanno, ma smarrisco la strada per 2 volte).
Mentre tre agnelli si crogiolano sul fuoco, la madre di Asim e Ninić (il fratello minore) ci offre come antipasto enormi porzioni di Burek con carne e cipolle, passando poi da ognuno per sgretolare sopra il piatto il formaggio di capra (usando esclusivamente le mani). A questo punto, da una cassetta di plastica, Asim estrae una bottiglia di Slijvovic o di Viljamovka. Ne versa il contenuto in una caraffa e da questa nei bicchieri. Quando sta per porgermi il bicchierino (intanto avevo riconosciuto l’ottimo profumo di pere), con decisione, ma mostrandomi affranto, rifiuto.
Per un attimo tutti ammutoliscono. Colgo la palla al balzo ed insisto: “Vorrei tanto, ma non posso” altro sguardo di circostanza.
Dopo qualche secondo un amico di Asim sbotta fuori con un “Bolestan na jetri!”. Lo vedo arrossire per ciò che ha appena detto. Tutti lo guardano. Poi guardano me.
Ed io ho quell’espressione internazionale tipica del “Aho! Ecchec .azzo te devo dì: è così…”
La giornata prosegue senza nuovi problemi, e ci divertiamo un sacco.
Đan vuole sapere quanto sia stato difficile rifiutare i bicchierini di Rakja dai nostri amici bosniaci. Gli rispondo che adesso molti di loro sono convinti che io abbia il fegato spappolato a causa dell'abuso d'alcool, e nessuno osa più offrirmi nulla.
Ridiamo.
Mercoledi 30 maggio riparto. Prima di arrivare al confine con la Slovenia faccio un salto a Samobor (antica e bella cittadina croata a 10Km da Zagabria). Incontro e saluto un amico italiano che ormai vive in quella città da molto tempo. Con lui ci sono dei milanesi che stanno per tornare in Italia. Decidiamo di percorrere un pezzo di strada insieme.
Devo nuovamente convincere i commensali che la decisione di non bere alcolici non è appellabile.
I milanesi non sono soddisfatti: per una buona mezzora mi rifilano frasi del tipo: « Ma come? Il Friuli è un solo unico filare di uva e tu non bevi il vino?» Alla fine si arrendono e terminiamo il pasto.
Dopo il caffè, uno dei milanesi mi guarda con l'occhio torvo ed esclama:
«Ma una grappa la bevi, no?».
Nella foto, la periferia nordest di Sarajevo dove, con l'aiuto della comunità internazionale, stanno sorgendo nuovi quartieri.
Note: durante il Ramadan, la gran parte dei musulmani bosniaci non beve alcolici (almeno di giorno).
Vi sono alcuni paesi ( Drinčiči, Piljužići, altri) dove non troverete locali pubblici che offrono bevande alcoliche (ma in molte case private la rakia non manca).
2 comments:
Le volte in cui mi metto a dieta ci sono torme di "sadici" che continuano a offrirmi dolci e quant'altro, mi rinforzano nella decisione ma alle volte sono fastidiosamente insistenti.:)
liberali per Israele
Per tutti: ripeto per l'ultima volta che "alc" in friulano NON significa "alcool", bensì "QUALCOSA".
Dunque, per chi mi ha scritto in privato traduciamo:
"Bon o bevin ančhemò alc? Un SPRIZ??"
Che significa: " OK, beviamo ancora qualcosa? Vino con una spruzzata d'acqua, magari??"
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