Saturday, July 28, 2007

L'azione di polizia alla Moschea di Perugia. Differenti punti di vista.

Sul giornale “Liberazione” del 22 luglio scorso leggo Perugia, operazione antiterrorismo: ed è un’altra volta razzismo.

L’articolo scritto da Tiziana Barucci, giornalista impegnata da sempre nel campo dell’immigrazione, a prima vista sembra ostile all’azione di polizia che ha portato alla chiusura della moschea di ponte Felcino (PG) e all’arresto dell’imam e di due suoi aiutanti.

Già il titolo del pezzo induce a credere che alla Barucci sembra importare ‘ssai poco dell’azione antiterrorismo in sé. Anzi, pare che la giornalista sia più interessata alle ripercussioni determinate da questa presunta “rinnovata ostilità contro i musulmani”
Ma leggiamo le prime righe dell’articolo, che sovente, come sappiamo, rivelano l’essenza dell’intero pezzo: “ E’ scattata ieri mattina una nuova operazione antiterrorismo delle forze dell’ordine. Con lei è iniziata una nuova campagna di caccia allo straniero, che vede impegnati i protagonisti di un’opposizione xenofoba e razzista”.
Complimentoni! La Barucci non poteva essere più esplicita.

Non commento oltre. Per continuare la lettura di questo entusiasmante pezzo, correte sulla pagina di Liberazione.

Dimenticavo, la giornalista ha creduto bene di non far mancare ai suoi lettori solidaristi e multiculturalisti la dichiarazione del segretario nazionale dell’UCOII, Hamza Piccardo che commentando i recenti arresti ha rilevato che spesse volte operazioni del genere sono finite in una bolla di sapone, ricordando che in Italia, dal 1993, sono solo cinque le persone condannate per terrorismo.
Noi, confidando anche nel fatto che la giudice Clementina è in altre faccende affaccendata, ci auguriamo che le parole del buon Piccardo cadano nel vuoto.

Possiamo leggere un differente punto di vista riguardo all'operazione della settimana scorsa, nell’articolo scritto da Magdi Allam sul Corsera. Lo posto direttamente.
Guarda il caso, lo condivido pienamente.
Colgo l’occasione per ricordare che si può esprimere la propria solidarietà ad Allam per le accuse ricevute da 200 pseudo intellettuali oscurantisti inviando una mail alla redazione di “Io sto con Oriana

“Chiudiamo le moschee dell'odio, della violenza e della morte. Via dall'Italia i predicatori del terrorismo islamico. Grazie alla Digos per gli arresti di Perugia, complimenti al capo della Polizia Manganelli e al ministro dell'Interno Amato. Ma non basta tirare un sospiro di sollievo per il mancato attentato. Dobbiamo liberarci dalle «fabbriche dei kamikaze» presenti nel territorio nazionale.
Solo pochi giorni fa il comandante generale dei Carabinieri Gianfrancesco Siatzu aveva ammonito che siamo un Paese a rischio, puntando il dito proprio sui terroristi maghrebini. Ora abbiamo l'ennesima conferma dell'intreccio fisiologico tra il terrorismo islamico globalizzato e la rete delle moschee dove si inneggia alla «guerra santa» nel nome di Allah. Così come abbiamo la certezza che si tratta di una realtà strutturale, ben radicata e diffusa sull'insieme del suolo italiano. Di ciò ormai le autorità di sicurezza sono convinte perché si tratta della nuda e cruda realtà. Ma allora perché non riusciamo ad affrancarci da questa minaccia che incombe sulla nostra vita e che condiziona la nostra libertà? La prima ragione è che la magistratura e più in generale il mondo politico, intellettuale e giornalistico continuano a voler ascrivere la predicazione d'odio nell'ambito della libertà d'espressione. È significativo che solo oggi la Procura di Perugia, per la prima volta dal luglio 2005, ha proceduto agli arresti applicando l'emendamento alla norma 270 del codice penale che sanziona «l'addestramento a finalità terroristiche». Ma in generale le norme che considerano la predicazione d'odio come «apologia di terrorismo» non sono mai state finora impugnate pur in presenza della flagranza di reato. La seconda ragione è che fatichiamo ad assumere la piena consapevolezza che la vera arma del terrorismo islamico globalizzato non sono gli esplosivi o le pistole, ma il lavaggio di cervello che trasforma le persone in robot della morte. E che ciò avviene all'interno delle moschee, nell'ambito di una filiera che parte dalla predicazione d'odio che inculca la fede nel cosiddetto «martirio» islamico, si passa all'arruolamento in gruppi terroristici, poi all'addestramento all'uso delle armi e degli esplosivi, infine si arriva alla fase dell'attuazione dell'attentato terroristico vero e proprio. In Italia e altrove in Europa non si riesce a far propria questa visione d'insieme, a prendere atto che si tratta di un’unica struttura organica e integrata del terrorismo. Il risultato è che finiamo per procedere con una navigazione a vista.

Ci sentiamo in pace con noi stessi se riusciamo a convivere con i predicatori d'odio, fintantoché non scoppiano gli attentati, immaginando che ciò sia espressione di una autentica democrazia liberale. Consideriamo un successo il riuscire a scovare in tempo i piani per compiere gli attentati, considerandolo giustamente un successo degli operatori della sicurezza. Ma ci asteniamo dall'andare in profondità, non vogliamo confrontarci con la radice del male. Temiamo e scongiuriamo l'attentato, che è la punta dell'iceberg, ma non vogliamo guardare in faccia e affrontare con determinazione la realtà dell'iceberg. Piuttosto preferiamo rinviare la soluzione del problema di fondo, che se ne occupi qualcun altro che arriverà dopo di noi, il futuro governo o i nostri figli. La vicenda della moschea-scuola di terrorismo di Perugia evidenzia un altro aspetto che ci riguarda da vicino.

Il sobborgo di Ponte Felicino, che ospita la struttura eversiva, si è trasformato in un ghetto dove su circa 5 mila abitanti solo il 2% sono italiani. E i ghetti sono il terreno di coltura ideali delle identità separate e conflittuali, specie nel caso degli estremisti islamici. Il terrorismo si previene anche con una strategia dell'integrazione che impedisca la formazione dei ghetti e porti obbligatoriamente alla condivisione dei valori e delle regole comuni. Diversamente non potremo mai dar vita a un modello di convivenza sociale che salvaguardi le certezze degli italiani e soddisfi le aspettative degli immigrati. Sarebbe assai grave se la vicenda di Perugia, così come è già accaduto in esperienze simili a Cremona, Milano, Bologna, Genova, Torino, Brescia e Firenze, si concludesse con il sorriso e la soddisfazione dei responsabili della sicurezza. Perché il problema di fondo del terrorismo islamico in Italia è tutto da affrontare e da debellare.” Magdi Allam

Wednesday, July 25, 2007

Parole in libertà 2



Sotto il nome di un quotidiano “rosso” leggo “Giornale Comunista”.
Bella cosa: comunisti e fieri di gridarlo al mondo.

Sappiamo che nel secolo scorso il fascismo e il nazismo e l’insieme delle dittature che nel mondo si sono rifatte a queste ideologie, compresi anche alcuni regimi e movimenti del medio oriente, complessivamente non hanno causato l’incredibile numero di morti che invece ha prodotto il comunismo.

Dall’Unione Sovietica ai Paesi dell’Est Europeo; dalla Cina alla Corea del nord; dalla Birmania al Vietnam, al Laos alla Cambogia; da Cuba ad alcuni paesi africani. Dove il comunismo ha attecchito, il mondo civile ha assistito impotente all’instaurarsi di dittature profondamente sanguinarie.

In Italia il Partito Comunista erede di Gramsci e di Togliatti, l’uomo che pare fu complice di Stalin nello sterminio di centinaia d’italiani nei campi di concentramento sovietici, si sciolse, immagino per vergogna, nel 1991. Dalle sue ceneri sorse il PDS, ma una consistente parte della sinistra non entrò nel nuovo partito (probabile che l’attributo “democratico” che compare nel nome del movimento non fosse gradito a quelle persone). Avvenne così che nello stesso anno nascesse il Partito della Rifondazione Comunista. E dal momento che “al peggio non c’è mai fine”, nel 1998 la parte radicale di Rifondazione si allontanò su posizioni estreme, formando il partito dei Comunisti Italiani.

Sarebbe interessante che qualcuno spiegasse quale sia il motore che spinge così tanti italiani a votare senza vergognarsene per un’ideologia che nel mondo ha portato solo dolore e morte.
Inoltre, ma ne avevamo già parlato, nel nostro Paese per fortuna non si può rifondare il partito fascista (che si potrebbe chiamare “ Il Partito della Rifondazione Nazional popolare Fascista”) ma permettiamo che esista il partito della “Rifondazione Comunista”, il partito dei “Comunisti Italiani”, il partito dei “Giovani Comunisti”, un “giornale comunista” (Liberazione), ecc. ecc.

E in fondo che lo dico a fare: c’è un’aula del Senato intitolata alla memoria di un comunista aspirante assassino di carabinieri…

E’ uno schifo. Mi auguro che negli anni a venire, qualcuno vi porrà rimedio.

Nel sito web di “Liberazione”, si trova il collegamento a www.giovanicomunisti.it. Nella prima pagina del sito, mi colpisce il logo del gioco “pretofilia” provo a cliccare sulla graziosa vignetta dove un prete accarezza un bimbo, ma un commento cortesemente mi avverte che il passatempo non è più in funzione, poiché è stato rimosso in seguito all’interpellanza parlamentare dell’on. Luca Volontè dell’UDC.

Il gioco è stato rimosso, ma il logo è rimasto. A che pro?

Eppure proprio sotto l’immaginetta ludica c’è un invito a giocare... clicco e … voilà, mi ritrovo su un sito anglosassone dove saltano subito all’occhio alcune foto di procaci ragazze che, quarda il caso, dalle didascalie sotto le immagini sembrano provenire tutte da paesi della provincia italiana. Dal momento che cà nisciuno è fesso, comprendo che il sito è dotato di un programmino che registra il mio IP e cambia in tempo reale la nazionalità riportata nei sottotitoli. Pertanto presumo che da Belgrado, vi troverei immagini di ragazze “provenienti” da Ruma o da qualche sperduto villaggio della Vojvodina; navigando da Sarajevo, magari potrei ammirare le foto delle ragazzotte di Kiseljak.
Ok, non è grave. L’importante è NON cliccare sulle immagini.
Per il resto, anche il mio super potente antivirus non rivela pericoli di sorta e mi permette di continuare la navigazione.

Ho il gioco sullo schermo. Il suo nome originale è “Operation Pedopriest”. Scopo del gioco è arrestare il prete che tenta di avvicinarsi ai bimbi. Dal fermo dell’immagine iniziale il giochino mi pare un po’ scarso anche nel disegno. Sinceramente sono attratto dai giochi per PC. Ma sono avvezzo ad un altro livello di contenuti e grafica. Per fare un esempio Syberia di Benoit Sokal è il mio mito. Invece questo passatempo, mi sembra tanto una gran cazzata.
Comunque lo faccio girare per una manciata di secondi.
Hmmm…Ah!

Chiudo il collegamento e torno sul sito comunista.

Il gioco è disgustoso: non mi farebbe sorridere nemmeno se al posto del prete ci fosse un imam o il granprofetapedofilo in persona che insegue Aisha, e lo scopo del gioco fosse di fermarlo sparandogli un missile nelle parti basse.

E’ un passatempo ributtante. Degno di chi ama sentirsi “comunista”.
C’è del marcio in quella parte della sinistra.

Continuo l’esplorazione del sito e vi trovo un collegamento a “Il campeggio nazionale delle/dei Giovani Comuniste/i”. Siamo tornati alla normalità. Un campeggio comunista mi ricorda molto il campo Hobbit dei primi anni ’80. Ma conoscendo le tante affinità tra i gruppi dell’ultra destra e della sinistra radicale, non trovo nulla di cui meravigliarmi.

In basso a destra c’e una bella bandierina della Palestina. In effetti è un altro collegamento ad un “campo di lavoro” che si svolgerà nel prossimo agosto a Jenin.
Apriamo una parentesi. Anni addietro altri italiani giunsero a Jenin per organizzare manifestazioni contro il muro dell’Apartheid. Per loro fortuna, nel periodo della protesta quella separazione così avversata dai pacifinti fu d’impedimento agli attacchi terroristici. Dunque non si ebbero ritorsioni israeliane e gli italiani non furono usati come scudi umani dai palestinesi. Chiudiamo la parentesi.
Lo scopo dichiarato del “campo” sarà di riaccendere il sorriso ad un gruppo numeroso di ragazzini palestinesi. “Le attività del summer camp comprenderanno: clown, musica, animazione, disegno, sport”.
Inoltre i volontari italiani potranno essere impiegati anche in altre attività come dipingere scuole o piantare alberi.
Tutto ciò è giusto e caritatevole. Allontanare i bimbi per un periodo seppur breve dal disastro provocato dagli adulti palestinesi in quelle zone, è un atto meritevole di plauso.

Purtroppo va da sé che questi volontari, magari i più giovani, saranno sottoposti al solito indottrinamento palestinese. Ed allora m’immagino che di sera, davanti al fuoco, donne velate con voci vibranti racconteranno la storia del massacro di Jenin del 2002. Nell’ordine:

  • l’aggressione di Sharon alla comunità indifesa del campo profughi (causa de “l’aggressione” fu che dall’interno di questa “comunità indifesa” la Brigata Al Aqsa organizzò l’attentato kamikaze che durante il festeggiamento della Pasqua ebraica, nel Park Hotel della città di Netanya, uccise 30 persone e ne ferì 140, molte delle vittime erano anziani sopravvissuti all’olocausto);
  • le centinaia di donne/bambini/vecchi uccisi dall’esercito di Tzahal con l’ordine di Sharon (in realtà dalla Comunità Internazionale furono accertati 23 morti israeliani e 52 morti palestinesi, al tempo i palestinesi parlarono di 500 morti, dal momento che sono passati un po’ di anni, come al solito, avranno aumentato le loro stime);
  • le misere abitazioni abbattute dall’esercito (almeno 50 case furono minate alle fondamenta dai palestinesi per uccidere il più alto numero di ebrei).

Inoltre, se il racconto non avrà suscitato tra le matricole italiane abbastanza sdegno e sano sentimento anti-israeliano, certamente sarà proiettato a ripetizione il film dell’ormai famosa produzione di Palliwood, “Jenin Jenin”. Ovviamente nessuno spiegherà agli italiani che il regista palestinese Bakri un anno dopo l’uscita del lungometraggio sconfessò la sua opera, non per paura delle torture degli israeliani, ma per essere prosciolto dall’accusa di calunnia, mossagli da cinque soldati di Tzahal, che si erano riconosciuti in alcuni spezzoni del film e raccontavano una storia sostanzialmente diversa.
Nel filmato “Pallywood” di cui allego il link, si possono gustare alcune esilaranti scene di quel “documentario”, compresa l’immagine dell’ospedale palestinese “cannoneggiato” dai carri armati israeliani.
I racconti dell’epopea della “resistenza” palestinese provocheranno sicuramente un brivido profondo nelle femminucce pacifinte e un po’ d’invidia nei compagni maschietti, quando si farà riferimento al leggendario capo delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, Zakaria Zubeidi. Si parlerà delle sue coraggiose gesta (che hanno causato la morte di così tanti civili in Israele) e del suo amore impossibile per Tali Fahima, la ragazza israeliana che giunta nella West Bank per portare aiuti ai bimbi palestinesi, s’innamorò di Zakaria e divenne il suo corriere per le armi e il suo scudo umano personale.

Chissà quante di quelle giovani pacifinte italiane vorranno avere una storia romantica come quella vissuta da Tali… Certamente, durante il “summer camp” ci sarà l’occasione per qualcuna di loro, di incontrare qualche bel palestinese tenebroso dal grilletto veloce (…XD*).

Al termine dell’esperienza tutti torneranno in Italia, felici per aver fatto del bene ai bimbi palestinesi ( e questa è veramente una bella cosa), ma certamente alcuni avranno la testa zeppa di assurda propaganda che impedirà loro di azionare i pochi neuroni rimasti per mettere insieme UNA opinione che sia UNA e personale, sulla questione mediorientale. Insomma, un po’ come quel vongolacopiaeincolla che venne a trovarmi tempo fa (copiaeincolla perché scrisse un commento di risposta al mio Post, copiando integralmente OGNI singola frase di ogni periodo da alcuni spezzoni di testi antisemiti, negazionisti e propri alla propaganda palestinese).

L’articolo sul viaggio in Palestina mi ha fatto sorridere un po’, cancellando per un momento quella sorta di ribrezzo provocato dal gioco “pretofilia”. Ora mi accingo a cancellare per sempre dalla mia macchina il sito delle giovani zecche ital… ops intendevo dei giovani comunisti, e a tornare sul sito di “Liberazione” per scoprire come la vicenda della Moschea perugina sia stata affrontata da questo giornale.

To be continued.



Nota* stavo per scrivere una battuta troppo scontata...ho preferito risparmiarvela.

Vignetta di introduzione al post rubata dal blog di Antikomunista

Una mozione per la sicurezza degli italiani

Riporto dalla prima pagina di "Liberazione" un articolo incredibilmente senza commenti che riguarda la mozione della Lega al Governo sull'immigrazione dei popoli di religione musulmana.
Non sarà il massimo, ma qualcosa si sta muovendo...

Il Carroccio chiede una moratoria di 5 anni
per gli stranieri provenienti dai paesi islamici.

Una moratoria di cinque anni per tutti gli stranieri provenienti dai paesi islamici. E' quanto chiede la Lega in una mozione al governo, presentata iei in una conferenza stampa, nella quale si propone anche «l'immediata espulsione degli imam» che contribuiscono a diffondere «la strategia del terrore». Nel documento, che porta la firma di tutti i deputati del Carroccio a cominciare da quella del capogruppo Roberto Maroni, si chiede anche che vengano programmati i flussi annuali di ingresso «in modo di privilegiare i cittadini provenienti da Paesi culturalmente affini all'Italia». Si chiede «una mappatura» di tutte le moschee in Italia e la schedatura in appositi registri tutti gli imam presenti «nel nostro paese». Infine propongono al governo Prodi di non avere più l'Ucoii come interlocutore perché «è un'associazione che inneggia al terrorismo e rinnega lo Stato di Israele». Tra i tanti temi di contrasto che abbiamo con il governo Prodi - afferma Maroni - quello sull'immigrazione ci vede agli antipodi.«Il nostro - sottolinea - non è razzismo. Vogliamo solo contrastare la politica del governo su questo fronte perchè noi vogliamo la sicurezza. E i "senza lavoro" clandestini quando arrivano in Italia incrementano le rapine in villa, gli scippi e gli stupri: tutte cose che non riusciamo a definire come micro-criminalità...»

Thursday, July 19, 2007

D'Alema e Hamas "Il partito democraticamente eletto"

Liberali per Israele pubblica un articolo di Stefano Magni, D’Alema contro Al Fatah che ci ricorda da chi sia rappresentato il “partito democraticamente eletto” nella Striscia di Gaza. Hamas, che sappiamo godere dei favori e delle simpatie del “nostro” ministro D’Alema, è una formazione terroristica. Giunta al potere grazie certamente alla corruzione di Fatah (terroristi in doppiopetto), ma soprattutto per mezzo di una “politica” di violenza ed orrore.

Il giornalista de "L'Opinione" riporta nel suo articolo anche le parole scritte nell’aprile scorso da Kan’an Ubayd sul giornale di Hamas, Al-Risalah, :

“Abbiamo sentito più di una volta condanne o denunce contro le operazioni di resistenza armata e le bombe di Hamas e delle altre branche della resistenza palestinese.
Tutti devono sapere che noi commettiamo questi atti perché è il nostro Signore a comandarli, non li commettiamo secondo la nostra volontà. E il popolo deve sapere che lo sterminio degli Ebrei è un bene per gli abitanti del mondo”

Insomma, Dio è con chi vuole la fine degli ebrei. Dio stesso la chiede.
Un discreto osservatore noterà in questo passo alcune affinità con le parole di Hitler, nel Mein Kampf:
“ E così io credo come sempre che il mio comportamento è in accordo con il volere dell’Onnipotente Creatore. Fin quando mi reggerò in piedi, sarò contro il Giudeo, difendendo l’opera del Signore” (non si riferiva solamente a Marx).

In Italia che sappiamo di Hamas? Che è una formazione terrorista, sanguinaria, s’ispira a Hitler, è diretta espressione del gruppo dei “Fratelli musulmani” è divisa in due sezioni (una dedita agli attacchi terroristici contro gli ebrei, l’altra alla soppressione dei palestinesi moderati e collaborazionisti), vuole l’introduzione della legge coranica in Palestina e persegue la distruzione di Israele.

Inoltre, ammaestrando all’odio i bimbi fin dalla tenera età, intende rendere infinita la guerra contro l’Occidente.

Riflettendo, la mia opinione riguardo al comportamento che sarebbe bene adottare nei confronti di queste zecche islamiche, non differisce sostanzialmente da ciò che loro reputano giusto (ispirato da Dio) nei confronti d’Israele.

Ma è un’opinione personale.

Tuttavia, parrebbe logico che in Italia i media ed il mondo politico facessero sentire il loro forte biasimo per un ministro della Repubblica anti- israeliano, che simpatizza vergognosamente con una formazione politica che rincorre l’ideale dello sterminio di un popolo.

Eppure, anche dopo l’ultima imbarazzante dichiarazione del “nostro”, pare che nessuno, nemmeno dall’opposizione, abbia chiesto al Ministro di dimettersi.

In sostanza, mi sembra che il feeling del capo della Farnesina per i terroristi palestinesi non abbia scombussolato più di tanto il luglio italiano.

Come dicemmo tempo fa, in Italia fa più scandalo un Sircana in cerca di trans che un D’Alema al braccetto di terroristi.

Di seguito riporto il post di Jihad Watch del 4 maggio scorso, che approfondisce l'articolo di Kan’an Ubayd su Al-Risalah.

Hamas: “The extermination of the Jews is good for the inhabitants of the worlds.”

More genocide talk from jihadists, while the world continues to yawn. By Itamar Marcus and Barbara Crook for PMW:

The extermination of Jews is Allah’s will and is for the benefit of all humanity, according to an article in the Hamas paper, Al-Risalah. The author of the article, Kan'an Ubayd, explains that the suicide operations carried out by Hamas are being committed solely to fulfill Allah’s wishes. Furthermore, Allah demanded this action, because “the extermination of the Jews is good for the inhabitants of the worlds.”

The killing of innocent Jews by terrorist attacks is portrayed as Allah’s plan for the benefit of humanity.

It should be noted that Hamas’s justification for the extermination of Jews, both as God's will and for the benefit of humanity, echoes Hitler's words in Mein Kampf:

“In this case the only salvation remaining was war… If the Jew with the help of his Marxist creed is victorious over the peoples of this world, then his crown will be the funeral wreath of humanity… Thus I believe today that I am acting according to the will of the almighty Creator: when I defend myself against the Jew, I am fighting for the work of the Lord.” (Mein Kampf)

In another parallel to the Nazi genocide of Jews, the writer says he wants to be sure that “everyone will know” that these murderous actions are “not of [Hamas’s] own accord” – an echo of the Nazi war criminals’ repeated justification of their actions with the defense that they were only following orders.

The fact that these orders are said to be divine in nature makes Hamas’s justification for the murder of Jews even more ominous.

Following is the excerpt from the Hamas article:

"We find more than once condemnation and denunciation to the resistance operations and bombings [suicide attacks], carried out by Hamas and the Palestinian resistance branches. There is no other choice but to use restraint regarding the condemnation, the attaching of the label of terror [to "resistance"], and the assembling of conferences [for] condemnation [of the attacks]. [This] so that everyone will know, that we did this only because our lord commanded so, “I did it not of my own accord” [*] and so that people will know that the extermination of Jews is good for the inhabitants of the worlds on a land, to which Allah gave his blessing for the sake of the inhabitants of the worlds.” [Al-Risalah, April 23, 2007]

[*] Translation of Quranic verse taken from USC Compendium of Muslim Texts.

Posted by Robert at May 4, 2007 2:52 PM

Senza commento.

Accusati di stupro, il sindaco paga l'avvocato Il sindaco stanzia 5.000 euro a testa per i violentatori: «Hanno diritto ad un giusto processo». «È una vergogna», risponde la Cgil.

ROMA Festa di 18 anni in paese. Un certo Giuseppe, il 31 marzo scorso, fa le cose in grande: oltre cento invitati, molti imbucati. Una ragazza di 16 anni viene portata in una pineta alle porte di Montalto di Castro, a 500 metri dal locale: in otto la circondano minacciosamente. Uno inizia a spogliarla. Poi si fanno avanti gli altri. Uno stupro di gruppo andato avanti tre ore. Oggi il Comune ha deciso: quei ragazzi vanno difesi con i soldi dell'amministrazione. È lo stesso sindaco a rivendicare la scelta: cinquemila euro a testa «per garantire un giusto processo». Una decisione che, nel centro a 110 chilometri a nord di Roma, sull'Aurelia, ha scatenato durissime polemiche. «È una vergogna, uno scandalo. Quei soldi pubblici — ha dichiarato Miranda Perinelli, della segreteria provinciale della Cgil di Viterbo — sono usati contro una sedicenne che ha avuto il coraggio di denunciare la violenza sessuale subita. È incredibile ma è così». Ma il sindaco di Montalto Salvatore Carai, diessino eletto in una coalizione dell'Ulivo, non ci sta. Respinge le critiche, professa la sua fede «al principio di presunzione d'innocenza » e si dice con convinzione «garantista »: «Così abbiamo deciso di aiutare questi ragazzi che non sono in grado di provvedere da soli, né con l'aiuto delle famiglie, alla loro difesa. Sono operai, apprendisti, gente con poche possibilità economiche ». Ma non bastava l'avvocato d'ufficio, pagato dallo Stato? «Mi intendo poco di queste cose — ribatte Carai — ma è chiaro che questi soldi dovranno restituirli: hanno firmato anche una fidejussione. I genitori mi hanno fatto una richiesta per iscritto e, su proposta dei servizi sociali, ho risposto positivamente. È vero, questi ragazzi forse hanno sbagliato: ma tocca a noi condannarli? ». Una posizione ritenuta inaccettabile dalla Perinelli, che sollecita «le istituzioni, le forze politiche e la consigliera delegata alle pari opportunità della Provincia ad esprimersi a sostegno della ragazza vittima dello stupro». «Oltre a gridare forte il nostro sdegno e profondo disprezzo — aggiunge la sindacalista — chiediamo se sia legittimo utilizzare i soldi pubblici per questo fine».

All'indomani degli arresti, gli amici a Montalto avevano fatto muro: «Era un gioco, lei ci stava, era ubriaca fradicia, non è una santarellina. Aveva la minigonna nera e li ha provocati ». Solo uno, davanti ai genitori, aveva ammesso: «Ho sbagliato, ho fatto una c... ». Poi più nulla, da nessuno: né una lacrima né un gesto di pentimento. Oggi, a loro favore, il Comune è pronto a concedere il prestito. «È chiaro che questo è un caso limite, proprio perché sono coinvolti dei minori — precisa Carai — non a caso la delibera è stata predisposta in base a una relazione delle assistenti sociali, in cui si evidenzia che quei ragazzi vanno comunque sostenuti. Ho piena fiducia nella giustizia: anche se dovessero risultare colpevoli, le istituzioni avrebbero comunque il dovere di favorire il loro recupero e il loro reinserimento sociale». Alla domanda se abbia compiuto qualche gesto di solidarietà anche verso la povera ragazzina vittima di violenza, il sindaco Carai però si schermisce: «Non la conosco, non l'ho mai vista in faccia. Non mi ha mai chiesto niente».

Flavia Fiorentino
Corriere della Sera

The less said the better.

Wednesday, July 18, 2007

"Er mejo fico der bigoncio"

«Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese», ha detto ieri pomeriggio Massimo D'Alema. «È sbagliato regalare ad Al Qaeda movimenti come Hamas e Hezbollah. Hamas si è reso protagonista di atti terroristici, ma è anche un movimento popolare: per l'Occidente non riconoscere un governo eletto democraticamente, magari mentre andiamo a braccetto con qualche dittatore -??- (NdF), non è una straordinaria lezione di democrazia», ha sostenuto il ministro degli Esteri. A suo avviso, «è interesse della comunità internazionale evitare di spingere questi movimenti nelle braccia di Al Qaeda». (Corriere della Sera)

Il D'Alema pensiero è sulla bocca di tutti.
Purtroppo.

Fini ha pensato bene di denunciare l'irresponsabilità del nostro dannoso ministro degli esteri. Ma lo ha fatto limitatamente alla frase che ha svelato la particolare concezione del "nostro" su ciò che rappresentano i movimenti come Hamas e Hezbollah.

In verità, da quando è diventato parte di questo governo fallimentare, il signor D'alema si è sempre comportato irresponsabilmente:
proclamando un'"equivicinanza" con Israele ed i Paesi arabi, mentre di fatto appoggiava chi tuttora si augura che Israele sia cancellato dalle carte geografiche;
conducendo un'allucinante gestione del rapimento di Mastrogiacomo e dei due afghani che lo accompagnavano e costringendo il governo Karzai a liberare 5 terroristi in cambio del solo italiano;
intrattenendo rapporti cordiali con dittatori di stati canaglia (e a questo proposito mi chiedo a chi alludesse accusando la Comunità Internazionale di "andare a braccetto con qualche dittatore").

Non ci giurerei, ma presumo che nemmeno durante gli ultimi anni del Governo Fascista, Il mondo civile avesse un'immagine così negativa del nostro Paese.

Leggi anche: Elly e Hawkmoon269


Sunday, July 15, 2007

In viaggio. La cucina tradizionale

Ho una conoscenza abbastanza superficiale di ciò che universalmente dovrebbe rappresentare una corretta alimentazione. Ammetto che il mio rapporto con il cibo è sicuramente ambiguo e confuso. Credo di conoscerne le ragioni, ma non è questo il post adatto per ricordarle. Aggiungerò solamente che per me non vi sono sostanziali differenze tra vivande diverse: ogni piatto, dal più semplice al più raffinato, è uguale all’altro. E’ cibo.

Ottimo per sopravvivere e per intrattenere relazioni sociali.

Fin qui sembra abbastanza chiaro. E sicuramente qualcuno dei lettori avrà già reputato un abominio disprezzare uno dei piaceri della vita.

Tuttavia, io sono un cultore di molti altri piaceri. E tra questi –attenzione- rientra il cibo come espressione della tradizione popolare.

Sono affascinato dalle pietanze che hanno una storia antica, create dai contadini e dalla povera gente con pochi ingredienti e tanta fantasia. Questi piatti, per anni dimenticati e rimpiazzati da vivande ben più moderne e raffinate, hanno ora il loro momento di gloria e ognuno li può gustare ed apprezzare grazie ai numerosi punti di ristoro caratteristici (agriturismo e trattorie locali) che li stanno riscoprendo. I piatti tradizionali molto conosciuti del Friuli sono il Frico con le patate, il salame con l’aceto, la Brovada e muset, il risotto o i gnocchi di polenta con lo sclopìt. Ma si possono degustare delle pietanze ignorate anche da buona parte degli abitanti di questa piccola regione di frontiera. Cibi che hanno subito la contaminazione di culture e tradizioni diverse. La Briza, per esempio, una minestra di zucca, patate e latte acido, o la Mlekana, la minestra di latte, o ancora la zuppa di maiale e rape. Tutti piatti tipici delle Valli del fiume Natisone, dove il friulano si fonde con lo sloveno creando una lingua nuova, aspra e difficile da imparare.

Troviamo pietanze non molto diverse ed altrettanto gustose e sostanziose nella cucina della tradizione carnica. Chi frequenta assiduamente le montagne friulane, avrà gustato almeno una volta i Cjarsons (dolci, salati, o …amabili ) e il File e Daspe .

Ma se ci avviciniamo a Trieste, dove le caratteristiche “Frasche” friulane, eredità della tradizione austro-ungarica, lasciano il posto alle “Osmizze”. Possiamo degustare la Jota, la minestra di cavolo cappuccio e fagioli. Zuppa tradizionale di confine, che ritroviamo anche in Slovenia dove, come in tutti i Paesi dell’ex Jugoslavia, è intensa la coltivazione del “Kupus”, ovvero il cavolo cappuccio bianco, utilizzato nella cucina locale dopo un lungo periodo d’immersione in salamoia.
Amo questa zuppa. Dopo aver compiuto l’ascensione del Monte Margart in Slovenia, passo sempre la notte al rifugio omonimo, dove il primo e di solito unico piatto che ordino è la Jota nella sua versione “alpina”.

In Bosnia, in Serbia ed in Croazia, molti degli amici che apprezzano la mia curiosità per la cucina tradizionale, m’invitano spesso a mangiare i loro piatti e dolci tipici. La cucina bosniaca di tradizione musulmana mi attrae perché non fa uso di molti grassi. Generalmente i dolci non mi entusiasmano, anche se tra quelli musulmani gradisco certamente la Baklava (dessert di pasta sfoglia ripieno di miele, noci e a volte fichi tritati). Inoltre sono affascinato dalla varietà e dai colori di questi dessert. E chi vive nel sud dell’Italia sa di che parlo, in quanto nelle città del meridione si possono gustare dei dolci assai simili a quelli che vengono offerti nelle pasticcerie di Sarajevo.

In Serbia la tradizione culinaria è erede della cultura turca, slava e greca.
Non sarà difficile gustare la grigliata di carne mista, o magari la Pleskavica (enorme hamburger di carne di vitello), accompagnandola con peperoni (Paprika) e deliziosi panetti di farina di mais (“Proja” ). Un piatto di carne assai gustoso e ricco è il "vitello sottocoppa", ma spesse volte io preferisco cenare solamente con una zuppa o con la Sarma, una pietanza poverissima, semplice ma buona.

Ma se ho la possibilità di fare la prima colazione (per me il pasto più importante della giornata) nelle minuscole, tipiche caffetterie di Valjevo, gli gnocchi (Knedle?) ripieni di Kajmak (burro e crema di latte) mangiati insieme allo Joghurt, sono i miei preferiti. Li ho immortalati nella foto qui sotto


Per concludere, tra i cibi salati della tradizione serba e bosniaca, ho il dovere di menzionare il Burek, un rotolo di pasta sfoglia ripieno di carne di vitello (o altra carne a piacere), spezie verdure e cipolla (molta cipolla…). O la Pita che ha una preparazione analoga, ma il ripieno può essere dolce (con la frutta), oppure salato (con la trippa, o con il formaggio di pecora).

Durante l’ultimo viaggio nei Balcani, un collega mi ha invitato a colazione presso la sua famiglia a Vladičin Han (cittadina nel sud della Serbia).
Nella foto che introduce il post, ho ritratto la simpatica nonnina nell’atto di servire la Pita ripiena al formaggio appena uscita dal forno.
Una squisitezza.
Questo piatto è stato accompagnato da un ottimo yogurt e da una generosa dose di Rakia - nell'immagine appare anche il genero della cuoca, nell'atto di stappare una bottiglia di "šljivovica distillata in casa" che, con grande disappunto dei presenti, non ho voluto onorare- .
La foto è stata pubblicata con il permesso di Stevan, mio collega ed amico, che ringrazio. In confidenza, Stevan, che visita di tanto in tanto questo blog, non comprende una virgola della nostra lingua, pertanto lo ringrazio così: Stevane!
Hvala lepa!

To be continued...

Monday, July 02, 2007

Dove sono gli Imam "illuminati". Ancora su Hina salem


In un servizio dedicato al processo per l’assassinio di Hina Salem, ho letto l’intervista all’Imam torinese Abdellah Mechnoune

Ha difeso la sua fede con forza, affermando che l’Islam nulla ha a che fare con l’omicidio della ragazza provocato, a suo dire, dall’ignoranza del padre o di chi l’ha spinto all’omicidio. Forse ha ragione questo musulmano: nel Corano non c’è scritto di ammazzare le figlie se non si vestono con decenza o decidono di non sposare l’uomo al quale sono state promesse.

In definitiva, l’Imam ci dice che un omicidio così efferato, nel caso fosse veramente ispirato dalla religione, sarebbe il frutto di un’interpretazione errata.

Ed io aggiungerei: un’interpretazione forse ispirata da un altro Imam, meno “illuminato” di Abdellah Mechnoune .

Per i Sunniti, sono quattro i grandi orientamenti all’esegesi del testo del Profeta. Malgrado ciò, ad un profano come me, pare che il Corano abbia tante interpretazioni quante sono “le guide” che si sentono autorizzate a diffonderne gli insegnamenti.
Inoltre sappiamo ormai tutti, che nel mondo Sunnita diventare Imam è molto semplice. Pertanto è altrettanto facile che molti tra questi, trasmettano solamente ciò che ritengono opportuno o meglio, ciò che la loro limitata e scellerata immaginazione gli permette di comunicare.

Ma a parte questo, non sono convinto dalle parole d’Abdellah Mechnoune.

E’ una mia opinione ma credo che se l’omicidio fosse giudicato da un ulema, i quattro assassini verrebbero probabilmente assolti o condannati a pene irrisorie. Vediamo il perché (NOTA: se in Europa persisteremo ad appoggiare il multiculturalismo, un giorno avremo realmente degli imputati giudicati secondo le leggi della Sharia).
A guardar bene, le leggi islamiche dettano gli obblighi dei genitori verso la condotta morale dei figli. Di norma, la madre è responsabile della loro educazione fintantoché sono piccoli, poi l’onere passa al padre che ha l’obbligo di assicurarsi che i suoi figli crescano secondo i precetti coranici. Tutto ciò è tanto più vero se riferito al padre di Hina Salem, che è pachistano , pertanto quasi sicuramente musulmano wahnabita.

Ora, questo padre meschino, avrà certamente compreso che la figlia poco o nulla aveva recepito dagli insegnamenti sull’Islam. Certamente la condotta morale di Hina (vestirsi all’occidentale, amare un infedele, respingere il giusto sposo, non obbedire al Padre) è stata interpretata non solamente come un rigetto della famiglia e delle tradizioni, ma come un rifiuto della religione musulmana.

Ma un musulmano non ha la possibilità di rifiutare l’Islam. Compie il reato di Apostasia. E il Corano giudica l’apostata peggio degli infedeli ebrei e cristiani.

Il meschino musulmano ha dunque voluto punire con la morte il “rifiuto” di Hina, per annunciare alla sua comunità che non è il padre il colpevole del “traviamento” della figlia. Lui, il pachistano, ha cercato di indirizzarla sulla giusta via, ma “l’occidente” l’ha plagiata.

Qualcuno dirà che nel Corano nessun versetto invita esplicitamente ad uccidere gli apostati. Tuttavia, la maggioranza degli Hadith che trattano dell’apostasia, e la stessa legge coranica che ne è espressione, sono a favore dell’uccisione per chi abbandona l’islam.

Ovviamente ciò che ho scritto finora è solo una personale percezione di ciò che potrebbe essere accaduto più di un anno fa, a Brescia. E vale assai poco.

Ma vorrei aggiungere che, benché vi siano nella religione del Profeta uomini che professano la loro dottrina senza nuocere ad altri ed esistano senza dubbio dei musulmani liberali ed “illuminati”, la mia convinzione è che il Corano e buona parte delle sue interpretazioni universalmente accettate, sono intrise di intolleranza, e spianano la strada a chi in nome della fede vuole trasmettere un messaggio di odio e di ostilità contro il non musulmano, e contro la cultura occidentale.
Il problema rimane comunque nell’Islam. Per questo motivo, quando i leghisti semplicisticamente affermano che Hina è vittima di quella religione, non mi sento di smentirli.

La Sinistra e Hina Salem


Molte donne di sinistra ci ripetono che Hina è stata uccisa dal maschilismo, comune a buona parte degli uomini di ogni razza e religione. Significa che le violenze sulle donne, che avvengono ogni anno nelle case d’occidentali DOC e quelle che càpitano nelle famiglie musulmane, hanno la stessa matrice.

Se qualcuno afferma il contrario, è solo un razzista islamofobo che vuole alimentare "lo scontro delle civiltà".

Non commento oltre. Tuttavia devo annotare che una minima parte della Sinistra al femminile NON è d’accordo.

Già che ci sono, vorrei segnalare un post che è un inganno: sembra che tratti della storia di Hina Salem, invece scopriamo che è solo utile per ridicolizzare la partecipazione della Santanchè al processo. I commenti al post sono diversi e, per fortuna, contrastanti. Tra questi, c’è anche qualcuno che pare voglia instillare il dubbio sull’aggressione alla leader delle donne marocchine, Dounia Ettaib.

Last but not least, segnalo il post di Di Pietro (proprio il nostro onorevole dei Valori) che ci azzecca proprio con il Fosca pensiero riguardo alla "cittadinanza in 5 anni per gli stranieri" (il post è dello scorso anno, ma vi sono anche commenti recenti).

Le strane Analogie del Manifesto


Informazione Corretta c’invita a leggere un articolo di Michele Giorgio sul Manifesto del 29 giugno scorso. “A proposito di Hamas e della sharia. A Gaza, in Palestina e nel mondo arabo”. Il commento di IC lo troverete QUI. Ciò che io desidero aggiungere è un commento a questo frammento dell'articolo:

"Non è peraltro estraneo a questo ragionamento il ricordare sempre più di frequente - lo ha fatto qualche giorno fa anche Liberazione - le simpatie per il nazismo del Gran mufti di Gerusalemme Aminal-Husayni L'equazione è semplice: se il mufti palestinese è stato nazista vuol dire che tutti i palestinesi di quell'epoca hanno tifato per Hitler. Una trovata perversa ma priva di qualsiasi logica. Sarebbe come accusare tutto movimento sionista di aver collaborato con il nazismo solo perchè il suo alto funzionario Rezso Kasztner aveva avuto strette relazioni con Adolf Eichmann."


A mio avviso, immaginare un rapporto di similitudine tra Amin al-Husayni e Rezso Kasztner è volutamente fuorviante. Il Mufti, fu un criminale di guerra come altri nazisti e, a causa dei britannici, fu amnistiato. Le armate musulmane che raggiunsero le Waffen SS nei Balcani erano sotto il suo diretto controllo. Gli uomini che si addestrarono con le squadre naziste in Olanda sarebbero diventati i futuri capi dei gruppi armati che dalla fine del conflitto seminarono il terrore tra gli ebrei. Ma il nazismo di Amin non termina con Hitler. Già dall’inizio degli anni ’50, continuò a ricevere finanziamenti "nazisti" tramite il banchiere François Genoud.

Ma per quanto riguarda l'affermazione che non tutti i palestinesi furono dei nazisti, ciò mi sembra ovvio. Tuttavia occorre ricordare che i leader palestinesi che non approvavano il pensiero di Amin al-Husayni, rischiavano la vita. E ciò dalla grande rivolta del 1936, quando più di seimila arabi moderati vennero massacrati dalle bande del Muftì nella Palestina del Mandato britannico. Mentre Amin fu nazista, il suo degno nipote Arafat, ne fu solo simpatizzante, nella misura in cui i gruppi neo-nazisti potevano finanziarlo.

Non dimentichiamo poi che alcuni giornali dell’ultra destra (per esempio il National Zeitung di Monaco), negli anni ’70 appoggiarono Arafat e l’OLP.
In alcuni casi anche favorendo l’arruolamento di occidentali nelle bande del terrorista palestinese.

Il gran giornalista Giorgio ci vuole passare il messaggio che le “simpatie” di Amin per il nazismo non furono molto diverse da quelle di Rezso Kasztner.
Un lettore delicato e ammodo, in quest’audace similitudine, vi troverebbe un filo d’ipocrisia. Fosca, che è poco delicato, anzi, diciamolo, è proprio un villano, preferisce non pubblicare ciò che gli sta passando or ora per la testa. Ma solamente controbattere, affermando che Reszo Kasztner, se l’accusa mossagli dal pubblico ministero al processo del 1953 è vera, fu solo un uomo che approfittò della disgrazia di migliaia di ebrei in Ungheria, per arricchirsi.

Kasztner, ebreo ungherese giunto in Israele dopo il conflitto, entrò quasi subito nel partito laburista e, prima del processo, fu portavoce del ministro dell’industria. A questo punto un altro ebreo d’origine ungherese, Malchiel Grunwald, lo accusò di avere avuto stretti rapporti con Heichmann che si occupava della deportazione degli ebrei ungheresi nei campi di concentramento, ma l’accusa più infamante contro Kasztner fu di aver garantito la salvezza solamente di quegli ebrei che potevano permettersi di pagargli grosse somme di danaro . Difatti, tra i 1865 ebrei salvati dalla trattativa di Reszo con Heichmann, ci furono almeno 50 appartenenti alla sua famiglia e alla cerchia d’amicizie. Gli altri erano solo dei ricchi ebrei che, per l’accusa, sborsarono fino a 1000 dollari a testa pur di salvarsi.

Il processo del 1953 nacque contro Grunwald per diffamazione nei confronti di Reszo, ma in seguito fu l’ungherese a pagarne il prezzo. Venne anche accusato di aver contribuito a convincere i giudici del processo di Norimberga a non perseguire un altro nazista, Kurt Becher.

Per il pubblico ministero, Kasztner aveva venduto l’anima al diavolo. E in Israele, per decenni, si fece riferimento all’ungherese come ad un novello Faust.

Il processo terminò nel 1955 e Kasztner fu assassinato due anni dopo.

Ecco, abbiamo accennato alla storia dell’ebreo ungherese che “trattò” con Eichmann. Sinceramente, vi trovate alcune similitudini con la vita di Amin Al Husseini? Credete che il buon Giorgio, Giornalista del Manifesto abbia ragione a proporre analogie di questo tipo? Nel caso di risposta negativa, quali saranno i motivi che hanno spinto il giornalista ad inserire nel suo articolo due personaggi che tra loro nulla hanno in comune?