Saturday, March 31, 2007

In viaggio


In questo mese di marzo mi sono recato per due volte nell’ex Jugoslavia,
Viaggio di frequente nell'area balcanica non per diletto ma per lavoro comunque, potendo scegliere, continuerei a visitare queste terre - in particolar modo la Bosnia - che mi sono care da moltissimi anni.

Avrei voluto postare qualcosa, ma non è facilissimo trovare un punto internet fuori dalle città. Inoltre un paio d’alberghi in prossimità di Belgrado disponevano di postazioni internet (no adsl), ma per qualche giorno la connessione al web era impossibile. I problemi della rete hanno interessato anche la telefonia in roaming: non è stato facile nemmeno chiamare col telefonino italiano (almeno fino a giovedì), e la sim serba mi ha permesso solamente la ricezione (ciò per mia colpa, in quanto non avevo acquistato una ricarica). Insomma, non sono riuscito a postare un bel nulla. E questo un po’ m’imbarazza, perché per anni questo accenno di blog è rimasto privato, ora che è aperto al pubblico spiace che i suoi due visitatori non vi trovino nulla di nuovo.
In ogni modo in Serbia ho appreso dell’approvazione al senato del decreto per il rifinanziamento delle missioni all’estero.
Chissà che grande smacco il governo-barzelletta crede di aver rifilato al Cavaliere.
Che tristezza: quell’accozzaglia d’incapaci -gente che parla dei talebani come se fossero “compagni che sbagliano” e si ostina a trattare con loro invece di combatterli- teme più per la solidità della “poltrona” che per la sicurezza dei nostri soldati.
Che tristezza. E che vergogna.
La continuazione di “In Europa è Jihad” come di “Elogio della tortura?” è rimandata. Per il momento mi preme riportare un articolo uscito qualche giorno fa su “Il Giornale” e che di fatto riguarda lo stesso tema.
Islamizzazione silenziosa di Angelo Allegri
La berlinese Porta di Brandeburgo, simbolo della storia tedesca, è sovrastata da una luminosa mezzaluna musulmana: «Mecca Germania, la silenziosa islamizzazione». A lanciare l’allarme in copertina non è la conservatrice die Welt o la tradizionale Frankfurter Allgemeine. A parlare di slittamento «strisciante» verso valori estranei alla società tedesca è l’organo ufficiale del giornalismo liberal, il settimanale amburghese Der Spiegel, bibbia della Germania che conta, più o meno un milione di copie alla settimana. E nel numero apparso ieri in edicola il titolo delle pagine interne è, se possibile, ancora più allarmante: «Ma qui è già in vigore la sharia?». Il quesito che appassiona i giornalisti del settimanale è semplice: fino a che punto lo stato di diritto può e deve piegarsi alle richieste dei gruppi di immigrati, anche se queste fanno a pugni con i principi fondamentali di cultura e diritto occidentali? E fino a che punto può farlo senza danneggiare chi, tra quegli immigrati cerca l’integrazione, favorendo invece i fondamentalisti? A segnare le contraddizioni più profonde tra identità culturali sono state, dice il settimanale, molte decisioni della magistratura, spesso inadeguata ad affrontare la complessità della situazione. L’ultima sentenza, che ha suscitato una sorta di sollevazione dell’opinione pubblica, è anche tra le più clamorose: riguarda una donna, 26 anni e madre di due bambini, quotidianamente maltrattata e picchiata dal marito, un marocchino. Nonostante le premesse il giudice incaricato del caso ha rifiutato la richiesta di divorzio immediato presentata dalla donna, anche se l'uomo l'aveva addirittura minacciata di morte. Il motivo? Il giudice l’ha spiegato così: «Nel Corano, alla Sura quarta verso 34, è previsto che l'uomo possa punire la moglie». Un riferimento spiegato con il fatto che la coppia si era sposata con rito islamico. Il caso è estremo ma fa seguito a una serie di sentenze degne di una giurisprudenza da Paese del Maghreb. Già dal 2002 un magistrato aveva stabilito che i dipendenti musulmani possano fermarsi a pregare in orario di lavoro (sia pure in accordo con l’azienda). Nello stesso anno un altro tribunale stabilì la legittimità del rito di macellazion islamico (in deroga alle rigidissime norme previste dalla legge tedesca). Una battaglia durissima durata 15 anni è stata quella sulle preghiere dei muezzin. Nel 1992 la Corte costituzionale stabilì un principio: i centri di preghiera islamici hanno il diritto di diffondere con gli altoparlanti le loro preghiere. Per le rituali cinque volte al giorno e a partire dal levar del sole. Qualche anno fa una cittadina dell’Assia, Dillenburg, cercò di proteggere il sonno degli abitanti ricorrendo a un cavillo: il disturbo potenziale alla sicurezza della circolazione creato dal rumore. Il tribunale amministrativo bocciò anche questo tentativo. In nome del principio di uguaglianza chi vuole far tacere i muezzin dai minareti deve emettere un’ordinanza che zittisca anche campane e campanili. Commento di Der Spiegel: «Evidentemente da queste parti il principio di uguaglianza vale anche per quelli che con l’uguaglianza non vogliono avere nulla a che fare». Un altro caso famoso riguarda una polemica tra un Imam estremista di origine turca, Yaukub Tasci e la Zdf, il secondo canale della tv. Quest’ultima fu condannata e obbligata a togliere dal suo sito la definizione di «predicatore d’odio» usata per Tasci. Al processo fu dimostrato che durante le sue prediche l’Imam definiva i tedeschi «schifosi infedeli». Nessun provvedimento, anche minimo, fu preso contro di lui. Tutte sentenze emesse nel nome del rispetto delle differenze culturali. Che coinvolgono spesso anche minorenni. Abbastanza comuni sono, per esempio, i ricorsi delle famiglie islamiche contro la partecipazione delle figlie a lezioni di ginnastica (o, peggio, di nuoto) e a gite scolastiche. Di solito i ricorsi vengono accettati e le ragazze esentate, a meno che le lezioni e le gite non vengano effettuate a sessi rigorosamente separati. Il risultato, secondo le organizzazioni che si occupano di uguaglianza tra uomo e donna, è che sempre meno ragazze di religione islamica partecipano alle attività sportive o alle attività comuni delle classi. Un problema ancora da poco, sottolinea Der Spiegel, di fronte a una decisione del ministero della Sicurezza sociale che dal 2004 ha di fatto riconosciuto la poligamia in Germania. Le prestazioni del servizio sanitario, ha chiarito a suo tempo il ministero, si estendono a tutte le mogli del lavoratore che paga i contributi. L’unica condizione è che a riconoscere il diritto a più mogli sia il Paese (islamico) di provenienza.

Giuro che leggo anche i giornali del centrosinistra. Finanche l’Unità e Liberazione.
Eppure non vi trovo mai un accenno al pericolo dell'islamizzazione in Europa.
Sarà un caso?


Monday, March 19, 2007

In Europa è Jihad. Parte III



“It is far too easy to get a Swedish whore……I guess you can say they get fucked to pieces.” Hamid.
Un Paese in Europa ha il più alto numero di immigrati musulmani. Ma ha anche il primato delle violenze sessuali su minori: una statistica pubblicata nel 2005 dal Consiglio Nazionale per la Prevenzione del crimine di Stoccolma svela che nell’anno precedente furono 467 gli stupri di bambine sotto i 15 anni.

La Svezia di oggi è una nazione dove sempre più numerosi sono i crimini perpetrati da giovani e giovanissimi di religione islamica e dove lo stupro, che diventa strumento per oltraggiare le giovani occidentali, è comune quasi quanto lo scippo in alcune città italiane.

Come già accade in Norvegia, parte della classe politica svedese non permette che si parli di razzismo anti-occidentale, in quanto ha la convinzione che ciò possa deteriorare quel sogno (disilluso) di vivere in una società di eguali, moderna e multiculturale. Pertanto le cronache dei crimini commessi dai cittadini “non occidentali” vengono riportate dai giornali in modo neutro e mai si insiste sulla provenienza dei malfattori. Un esempio eclatante è la cronaca riportatata da alcuni giornali svedesi riguardo alle violenze subite da due ragazze, Jenny e Linda (foto sopra), stuprate e massacrate di botte. Nei giornali fu riportato che gli stupratori erano due svedesi, un finlandese, un somalo. Ma la versione raccontata dalle vittime era sostanzialmente diversa: si trattava di quattro nord africani.
Forse la verità si trovava nel mezzo: i due cittadini svedesi erano di origine somala, così come il filandese. L’ultimo, quello identificato come realmente somalo, era nell’attesa di ricevere la cittadinanza svedese.

Abbiamo detto che lo stupro di ragazze e ragazzine svedesi è così comune nelle città, che tra non molto gli svedesi non si stupiranno di trovare nelle vetrine di alcuni negozi delle cinture antiviolenza, insomma delle vere proprie cinture di castità, re-inventate da alcune ragazze ventenni. Una delle creatrici, Nadja Björk, ha affermato che il profitto che deriverà da quest’operazione commerciale sarà nulla in confronto alla soddisfazione di contribuire a ridurre il numero delle violenze commesse contro le sue coetanee.

Eppure nella Svezia del 2007, nessuno crede ad una flessione della criminalità.
Malmo, seconda città del Paese, grande centro commerciale e culturale, ha un tasso di banditismo che a noi italiani parrebbe inconcepibile per una città del Nord Europa. Il numero degli stupri è quasi di sei volte superiore a quello registrato nella città di Copenaghen, maggiore in estensione e popolazione.
Di fatto metà dei cittadini è d’origine non autoctona. Questo comporta una sorta di ghettizzazione che ha la sua causa-effetto nella comparsa di centinaia di bande di giovanissimi rapinatori e stupratori che scorazzano indisturbati dalla periferia al centro della città rubando e saccheggiando.
A questo proposito, Feriz e Partimi, membri di una banda albanese, hanno detto che in Kosovo erano abituati ad uccidere i serbi, in Svezia hanno trovato una situazione totalmente diversa, in quanto gli svedesi "sono dei codardi" e “If they get injured, they just have themselves to blame for being weak”.
E’ sempre la solita storia: per i musulmani chi si dimostra debole si deve vergognare e non merita pietà.
Svedesi codardi? In effetti, la criminalità e così diffusa che in certe piccole città anche le forze dell’ordine evitano di contrastare le bande islamiche, poiché queste non si fanno scrupolo di minacciare di morte le loro famiglie.
Non è raro nemmeno che molte ragazzine siano rapite di fronte a persone che non fanno nulla per fermare l’aggressione. Sì, forse molti svedesi sono dei codardi, tuttavia in Svezia le minacce di morte ai testimoni dei processi per stupro sono all’ordine del giorno, e pare non esistano strutture e programmi per la loro protezione.

Durante un’intervista a dei giovanissimi studenti musulmani di una scuola della periferia di Stoccolma questi non hanno avuto alcuna esitazione ad etichettare le loro compagne di scuola come semplici “puttane svedesi” che “meritano di essere scopate a sangue”.
Sono ragazzi di 15, 16 e 17 anni, che provano un odio profondo per le loro coetanee bianche.

In un’altra intervista, riguardo allo stupro di gruppo subito da una ragazzina svedese, gli stessi ragazzi hanno risposto che “It is not as wrong raping a Swedish girl as raping an Arab girl” perché “le svedesi probabilmente hanno già fatto sesso prima dello stupro, mentre le arabe devono mantenere integra la loro verginità fino al matrimonio ed uno stupro sarebbe causa di vergogna per la loro famiglia.” Certo, il ragionamento fila.
L’odio è il comune denominatore. E’ sintomatico il caso di un ventunenne musulmano accusato solo (!) di due stupri, ma anche di avere accoltellato e sfregiato otto donne in diversi pub. Arrestato, al processo disse di avere agito “accecato dall’odio verso le puttane svedesi”.

E importante sottolineare che mentre buona parte dei giovani musulmani ritengono che tutte le ragazze svedesi siano delle “puttane”, le autorità cercano di non offendere la loro sensibilità religiosa, con la speranza che magari un giorno tutti potranno finalmente vivere in amore e fratellanza nella società multiculturale. Ed allora, come già detto, dalle cronache dei giornali scompare la nazionalità d’origine degli stupratori; scompaiono le statistiche che riguardano i gruppi etnici coinvolti nei reati di stupro ecc. ecc.
Un piccolo esempio del political correct svedese: nel 2005, due ragazze furono espulse temporaneamente dalla loro scuola perché indossavano un maglione con l’immagine della bandiera nazionale. Il Preside giustificò il suo gesto sostenendo che ostentare la bandiera poteva risultare offensivo per gli studenti immigranti.

Non abbiamo la possibilità di affermare con certezza quanti stupri siano commessi ogni anno dai giovani di religione musulmana (per le ragioni che ben conosciamo), ma i rapporti della Polizia svedese informano che 2.631 furono gli stupri (denunciati) nel 2004, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente - rammento che la Svezia ha circa 10 milioni d’abitanti e 1 milione sono gli stranieri -. Un altro rapporto della Polizia afferma che su 10 bande criminali, nove sono composte da cittadini di provenienza non occidentale e di religione musulmana.
Infine, l'avvocatessa Ann Christine Hjelm in un suo rapporto del 2003, quando era ancora possibile farlo, rivelava che ai cittadini di religione musulmana erano ascritti l'85% degli stupri commessi durante il periodo esaminato (tre anni)
Insomma, basta fare 2+2.

C'è del marcio in Nord Europa.
E in Francia? Ci arriviamo.

Fonti: Fjordman, Cage,Viking Observer,Winds of Chang, FrontPage, Balder, Sudkuriren, The weekly Standard,

Continua.

Sunday, March 18, 2007

La vergogna del Regime


Il governo barzelletta dell'Unione s’imbarazza se il suo portavoce si fa ritrarre con dei trans: cerca di negare fino all’ultimo il coinvolgimento del caro Silvio Emilio e quando comprende che alcune testate giornalistiche sono in possesso delle foto ”incriminate”, (non da oggi, ma dal novembre scorso), ne impedisce la pubblicazione, pena la galera.
Ma il governicchio prodi non avrebbe altri motivi di cui vergognarsi? Chessò, magari della sua deprecabile politica estera.
A questo proposito, non sarebbe stato meglio sorridere sbirciando le foto di un esponente del governo che va a braccetto con dei trans (rispettabilissimi), invece che farsi cadere le braccia e altro guardando le foto dell’inetto D’Alema a braccetto con Hezbollah (terroristi)?
Inoltre, questo governo psichedelico non ha una punta d’imbarazzo nel proporre l’acquisto dell’oppio afgano?
Di più, non si sente proprio una cacchetta a prospettare una Conferenza di Pace insieme con gli sgozzatori talebani, quelli che nel 1996 furono sistemati al comando dell’Afghanistan da Bin Laden in cambio di una protezione duratura?

Infine, questo governo con aspirazioni da Regime comunista, non si sente una vera m., quando permette ai suoi sgherri, giornalisti fasulli, di infangare il nome dei suoi oppositori, promuovendo il linciaggio mediatico di chi ritiene più pericoloso (Guzzanti, Scaramella, ecc)?
Nonostante ciò, pare che questo stesso governo sia ben lesto a censurare ogni presunto attacco alla sua integrità.

No, questo governo non ha vergogna: ritiene di avere la ragione dalla sua parte.
Siamo franchi: il governo dell’Unione è il più pericoloso regime politico dai tempi del Ventennio fascista.

Di seguito, l’articolo del Sen. Guzzanti pubblicato su Il Giornale di oggi.

Aria di regime che inizia a fare paura

di Paolo Guzzanti

La notizia cattiva è che si respira aria di regime tanto prepotente e arrogante quanto stupido. La notizia buona è che quest’aria la avvertono tutti e tutti cominciano a preoccuparsene. La libertà è un rampicante tenace e ha per fortuna fitte radici ovunque. Gli interventi in difesa delle scelte di Maurizio Belpietro e del Giornale si moltiplicano e tutti capiscono che ci sono dei principi generali che il governo neozarista di Romano Prodi non può calpestare senza provocare reazioni energiche. Il primo punto è che non si possono usare due pesi e due misure: uno quando si tratta della gente comune, magari nani e ballerine, e uno quando si tratta di figure pubbliche, non soltanto genericamente politiche, e che rappresentano il governo.
In qualsiasi democrazia un governo o un rappresentante del governo sottoposto a ricatto, o anche ad ipotesi di ricatto, fa notizia da prima pagina e nessuno può azzardarsi a censurarla perché è amico del governo o perché ha ricevuto una telefonata dal governo. In qualsiasi democrazia occidentale – manteniamo fuori da questa definizione la democrazia iraniana cui Prodi guarda con simpatia – non conta nulla la questione sessuale, ma conta l’uso della menzogna. Bill Clinton ha passato un guaio in America (diversamente da quel che pensano molti italiani) non perché una stagista si inginocchiava davanti ai suoi pantaloni, ma perché a domanda aveva risposto con una menzogna proverbiale, «Non la conosco neppure», che vale tanto quanto il «Non ci sono fotografie» del caso Sircana. Le fotografie ci sono e non sono state pubblicate su queste pagine per scelta deontologica - e questo è bene - mentre negare che ci siano è male perché è una bugia.
Le foto, come più volte spiegato, non dicono assolutamente nulla di terribile su Sircana, ma provano invece l’esistenza di un ricatto in corso nei confronti non del macellaio sotto casa, non della soubrette del sabato sera e neppure dell’onorevole della provincia lontana, ma dell’uomo che rappresenta il Governo della Repubblica. Ed è il Governo della Repubblica che con tutto il suo circo di nani e ballerine del giornalismo ai suoi ordini ha reagito come può reagire il governo di Kim Il Sung o di un satrapo sudamericano o asiatico.
E adesso due parole su quell’allegra compagnia che è l’Ordine dei Giornalisti. Nei Paesi che hanno creato e che tuttora insegnano (con qualche magagna, ma nessuno è perfetto) che cosa sia l’etica nell’ambiguo mestiere del giornalismo, l’Ordine italiano dei Giornalisti con la sua pompa magna, le tessere e gli apparati, non esiste: uno è giornalista se fa il giornalista. E lo licenzia il suo direttore o lo incrimina il magistrato se commette un reato. Punto, e fine della storia. Così nei Paesi di alta civiltà, anglosassoni e non anglosassoni fra cui non si è mai trovata l’Italia. In Italia invece l’Ordine dei Giornalisti si comporta come un ordine ecclesiastico: esprime reprimende, scomuniche, persino sospensioni a divinis. E se non usasse due, ma anche tre, quattro pesi e altrettante misure, poco male sarebbe. Il fatto è che l’Ordine e gli Ordini interregionali esprimono inclinazioni politiche e non regole di garanzia uguali per tutti.
Essendo io un esempio vivente di quel che dico, so quel che dico. Quando a partire dallo scorso mese di dicembre, in aperta violazione della legge, alcuni giornali e giornalisti (sempre gli stessi) pubblicarono stralci manipolati e abusivi di intercettazioni abusive sul telefono di un parlamentare, essi giornalisti commettevano sia un reato penale che una violazione del codice deontologico. L’Ordine, anzi gli Ordini, non hanno emesso un fiato, altro che avviso disciplinare come quello inviato a Maurizio Belpietro. Ancora: dal giorno 26 novembre 2006 il quotidiano La Repubblica ha pubblicato una serie di interviste (a Limarev, Gordievsky, Bukovsky) che io stesso ho provato essere tutte delle manipolazioni e dei falsi raccogliendo le dichiarazioni degli intervistati che si sono espressi in questo modo davanti al microfono o per iscritto, cosa che ho reso pubblica. Quelle interviste false e fabbricate hanno provocato reazioni politiche calcolate e mostruose, hanno devastato e tuttora devastano la mia immagine, mi hanno trascinato in un tritacarne che ancora gira e macina, mentre il quotidiano in questione si è ben guardato dal far sapere ai propri lettori quel che i suoi pretesi intervistati hanno detto «on the record» o scritto con documenti certificati della manipolazione subita. L’Ordine, questa suprema autorità etica, non ha fiatato, non ha convocato, non ha censurato. Quelle intercettazioni usate in maniera contraria alla legge e quelle interviste false che sono state e tuttora vengono usate per distruggere, attraverso il loro uso anche parlamentare, l’immagine di un eletto del popolo e il lavoro del Parlamento stesso, facevano e fanno comodo a una sola parte politica: quella del Governo che vuole impedire l’uso della drammatica intervista in cui Alexander Litvinenko, poi assassinato come la sua fonte il generale Trofimov, racconta con grande dovizia di particolari quel che seppe su Romano Prodi.
Di qui la constatazione banale: l’etica nel cui nome il regime nascente agisce, non ha nulla di etico. L’etica è quella cosa, come ricordava Immanuel Kant, che è indipendente dalle singole persone e dalle singole situazioni: «Fa che la tua norma possa essere accolta da tutti come norma universale», cioè l’esatto contrario di: «Fa quello che più ti fa comodo invocando le regole, e quando gli altri ti danno fastidio cerca di distruggerli piegando le stesse regole cui tu affermi di attenerti». Quel che poi ha fatto e scritto il «Garante della privacy» (altra figura ridicola di per sé, politicamente corretta come tutta la paccottiglia di banalità e stupidità che soffoca ormai l’Europa) è semplicemente grottesco. Chiamato dal Governo, come un impiegato ossequioso si comporta come i personaggi spagnoleschi della Milano manzoniana, fra il Conte Zio e l’Avvocato Azzeccagarbugli. Il «latinorum» è stato sostituito con il «politicamente corretto» a geometria variabile: luoghi comuni, ma flessibili.
Questo governo è dunque ora che faccia i bagagli e vada a casa perché sta anche appestando il clima democratico, sta eccitando i peggiori bassi istinti e i peggiori bassi servitori. In questa farsa tendente all’incubo si aggredisce il giornalista che rappresenta l’opposizione e si chiudono tutti e due gli occhi di fronte alle menzogne, le turpitudini e le fabbricazioni di chi usurpa il nome di giornalista, anche se certamente avrà la essera in regola con tutti i bolli.
Così è nato il tentato linciaggio nei confronti di Maurizio Belpietro il quale ha agito come la sua professione e la sua coscienza imponevano: pubblicando le notizie e non pubblicando foto che non hanno nulla di «scandaloso», ma che sono la prova sia della esposizione che del tentativo di ricatto di un uomo che non è un privato cittadino, ma rappresenta, come portavoce, il Governo della Repubblica. Siamo contenti che lo sguaiato coro liberticida non sia più unanime e che esistano coscienze libere da vincoli di appartenenza. Questo rassicura sulla società e sul giornalismo, ma il governo ha dato di sé una pessima prova che rende doveroso il suo immediato licenziamento.
Paolo Guzzanti

Thursday, March 15, 2007

La nostra solidarietà A Silvio Emilio Sircana


E’ inconcepibile l’attacco portato dal Giornale a Silvio Emilio Sircana. Sembra che dalle intercettazioni pubblicate dal quotidiano berlusconiano emerga che il “portavoce unico” sia stato visto e fotografato in compagnia di un transessuale.

Nel nome della verità, ieri sera il TG de LA7 denunciava l’inattendibiltà del vergognoso articolo, aggiungendo che “in nessuna intercettazione compare il nome di Sircana”. Difatti, nella trascrizione della telefonata tra Fabrizio Corona ed il suo galoppino, pubblicata dal Giornale, si legge solo di un riferimento ad un non ben classificato “portavoce di Prodi”.
E noi sappiamo che Prodi ha i suoi portavoce sparsi in tutta Italia, e qualcuno anche all’estero.
Ma se approfondiamo, per sfatare ogni dubbio sull’infondatezza dell’articolo incriminato, basti leggere il servizio del Corsera di ieri: è simile a quello del Giornale, ma non vi appare alcun cenno che riguardi fantomatici portavoce governativi.

Devo ammettere che i giornalisti di Berlusconi “l’hanno fatta troppo grossa”. In ogni modo, spenderei qualche parola di conforto anche per loro; per questo motivo, mi rivolgo direttamente ai redattori del Giornale: “Vi ricordate le panzane riportate da Repubblica riguardo al Sen. Guzzanti e Mario Scaramella e le interviste - aggiustate - a Limarev, Gordieski e Bukoski? Ebbene, a quei signori che per settimane hanno scritto delle falsità, non è accaduto niente di male: e tuttora risultano iscritti all’albo dei giornalisti, come se nulla fosse successo. Pertanto, anche se ciò che avete pubblicato è indiscutibilmente più grave di quanto divulgato da Repubblica, mi sento quasi certo di assicurarvi una veloce assoluzione. Ma nel caso mi sbagliassi, sono convinto che qualche buon quotidiano all’estero potrà assumervi”.

Non posso terminare senza esprimere il mio appoggio a Sircana:
“Oh Silvio Emilio, credimi, siamo tutti con te. Anche nel caso ciò che abbiamo avuto la stoltezza di leggere sul Giornale fosse vero.
E nel caso lo fosse, a noi che ce ne cale se a te piace frequentare i transessuali? Ogni individuo ha il diritto di seguire le sue passioni ed i suoi ormoni, se non fa danno ad alcuno.

Per fortuna, siamo (ancora) cittadini di un Paese tollerante e democratico e questo almeno finché non arriveranno in Italia frotte di guide spirituali musulmane risolute ad insegnarci a vivere.
Pertanto, oh Silvio Emilio, sii lieto. Pensa che perfino il principe figlio dell'ultimo Re d’Italia è comparso in decine di giornali, per settimane, a causa di alcune sue frequentazioni ”allegre”.
Un caso analogo al tuo, non trovi?
Comunque, oh Sivio Emilio, Stai su! Vedrai che nei prossimi giorni tutto sarà dimenticato".

Il nostro appello ha colto nel segno!


LIBERATI! Stamattina sono stati liberati i tecnici italiani dell’ENI catturati dai Guerrieri del Mend il 7 dicembre scorso.
Rendiamo merito alla fine strategia adottata dal nostro Ministero degli Esteri per ottenerne la liberazione: ora ci rendiamo conto quanto sia indispensabile “NON FARE NULLA” per risolvere i rapimenti degli italiani all'estero.
Ebbene sì, è stato un colpo magistrale.
In ogni caso già nelle settimane scorse, nel mondo della stampa internazionale, correva la voce che alle domande rivolte ad alcuni funzionari del governo riguardo ai Guerrieri del Mend, si otteneva sempre la stessa risposta: i Guerrieri di …che? Del Mend?? E giù risate.
Insomma, nessuno se li filava e loro, i poveri Guerrieri, per di più consapevoli che i loro ostaggi valevano quanto un soldo bucato, hanno desistito: si sono arresi e hanno consegnato gli ostaggi nelle mani di un giornalista del Corsera e di un INVIATO delle JENE.
Comunque pare che da Mario Molinari, la JENA, abbiano strappato la promessa di un passaggio allo Zelig Off.


Clicca sulla foto per l'articolo del Corsera



Tuesday, March 13, 2007

Apello per la liberazione

Ovviamente è un appello per gli ostaggi che non hanno la possibilità di essere ricordati dai campioni del calcio e per i quali nessuno organizza manifestazioni di piazza e raccolta di firme.
Insomma, gli ostaggi che non si chiamano Simona 1 e 2, Sgrena, o Mastrogiacomo.

Ma sì, stiamo parlando dei due sfigati tecnici dell'ENI, Cosma Russo e Francesco Arena, in mano ai Guerrieri del Mend dal 7 dicembre scorso.

Dal canto loro i rapitori, i Guerrieri del Mend intendo, non vorrei che se la legassero al dito, anche perché pare che il nostro governo non li prenda troppo sul serio. Difatti, sebbene alcuni giornali riportino dell'incontro del vice ministro degli esteri Franco Danieli con i rappresentanti del governo Nigeriano, gli stessi rapitori hanno affermato che questa visita non porterà a nulla, in quanto i Guerrieri del Mend non hanno alcun rapporto con l'attuale governo in carica e attendono le elezioni del prossimo aprile-maggio, quando, forse libereranno gli ostaggi.
E' rilevante che il nostro governo non abbia tentato uno straccio di trattativa con i veri protagonisti del sequestro, eppure sembra che i giornalisti non abbiano tante difficoltà a trovare i loro portavoce per intervistarli.
Probabilmente tutti i nostri agenti migliori, addestrati alla ricerca degli ostaggi e alla mediazione con i rapitori, sono in Iraq o in Afghanistan: qualcuno occupato dalle trattative con i talebani che hanno rapito Mastrogiacomo; qualcun altro nell’attesa che qualche nuovo "inviato d'assalto" cada nella rete dei terroristi. Insomma si portano avanti con il lavoro.
E i Guerrieri del Mend?
Degli sfigati, come i loro ostaggi.

Sunday, March 11, 2007

In Europa è Jihad. Parte II



Oslo, abitanti 580.000. A dicembre 2006 300 casi di stupro denunciati.

Nella Norvegia dei fiordi e delle “stavkirker”, le chiese lignee inserite nell’elenco dei patrimoni dell’umanità, la capitale Oslo ha un triste primato: il rapporto popolazione percentuale di crimini contro le donne è il più alto d’Europa: come se a Roma, città di più di 2.800.000 abitanti, ci fossero quattro denuncie per stupro ogni giorno. 1)
Ovviamente ci riferiamo ai soli reati denunciati.

In sei anni, i reati di stupro nella sola città di Oslo sono quasi triplicati. AftenPosten del settembre 2001 ci informa che 111 sono gli stupri compiuti nell’anno precedente, di cui 72 commessi da cittadini “non occidentali”, 25 commessi da cittadini norvegesi o "occidentali", mentre 14 sono classificati come commessi da individui di etnia sconosciuta.
Non è un caso se ci riferiamo al 2001 perché, sebbene alcune organizzazioni musulmane, dopo l'uscita della statistica delle etnie coinvolte nei reati di stupro, abbiano fortemente condannato la violenza dei loro stessi fratelli (nuovi immigrati e giovani della seconda e terza generazione d’immigranti), promuovendo anche manifestazioni di piazza e dibattiti all’Università, tutto questo sembra essere dimenticato solo pochi anni dopo. Nel senso che le violenze contro le donne aumentano in modo vertiginoso, ma le statistiche scompaiono.
O meglio, non sono più ufficiali: la politica, in nome di una vagheggiata società moderna multiculturale, cerca di contrastare la discussione, viva in questi anni in Norvegia, che ha come oggetto la violenza sessuale come fenomeno peculiare ad una parte non minoritaria dell’immigrazione musulmana. A mio avviso, questa sorta di censura ha il suo apice nella legge contro la discriminazione, dell’aprile del 2005.
Chiunque non potrebbe che approvare una legge che sanzioni duramente il razzismo. Tuttavia, già la sua impostazione offre dei motivi di dissenso. Difatti, in soldoni, si afferma che qualunque cittadino norvegese sospettato di discriminazione razziale o religiosa “ è colpevole fino a che non dimostri la propria innocenza”.
Fjordman si chiede (ed io pure) come sia possibile che il diritto acquisito di qualsiasi individuo del mondo occidentale, ossia risultare innocente finché non venga provato il suo coinvolgimento in un reato, possa in questo caso e solo in questo, essere stravolto. In ogni modo la legge è passata. E le statistiche, come già detto, sono magicamente scomparse. Inoltre, pare che nei quotidiani casi di stupro raccontati dalla stampa norvegese, difficilmente appaia il nome dei rei, se identificati dalla polizia, e tantomeno siano segnalate le loro etnie e le religioni di appartenenza. - a meno che non vi sia un identikit certo.

Si può essere scettici sul fatto che esista un odio profondo di una parte degli immigrati musulmani verso il popolo norvegese. Eppure sembra sia così.

Un solo esempio: durante una partita di calcio finita male (disordini, feriti ecc. ecc) i giocatori curdi di una delle squadre in campo, il Djerv, hanno intimidito alcuni spettatori con la minaccia della decapitazione, minacciando pure di stupro tre ragazze (la più giovane aveva 11 anni).
Una stupida partita di calcio della categoria dilettanti, trasformata in un megafono per il nuovo Jihad. Incredibile?
E in Svezia? Peggio!
Fonti: Fjordman, Aftenposten leggi anche Femina Novo
per la foto: Conflict

1) Un corollario: i casi di stupro sono così frequenti in questi ultimi anni, che si impostano anche cause e dibattiti sui problemi ( e sulle ingiustizie) del risarcimento dovuto alle vittime. leggi

Continua

Thursday, March 08, 2007

In Europa è Jihad. Parte I



Da noi in Italia non è ancora molto diffuso e pochi ne parlano, ma è quanto mai attuale nel Nord Europa, in Francia e anche nel Regno Unito.
Mi riferisco allo stupro come metodo di lotta religiosa: una particolarissima forma di Jihad scatenata da uomini di religione musulmana contro le bambine e le giovani donne occidentali.
NORD EUROPA - Nel 2004 il 70% delle violenze a donne danesi è stato compiuto da cittadini musulmani; nello stesso anno, anche a Oslo in Norvegia, si è avuto il più alto numero di stupri (Dagsavisen). A questo proposito Gunnar Larsen, ispettore del reparto Crimini Violenti della citta di Oslo ha affermato che il - 65% degli stupri è da attribuire a cittadini "non occidentali" ...-

Nel 2004, dopo la pubblicazione dei dati relativi all'incremento degli stupri compiuti da musulmani, Shahid Mehdi muftì di Copenhagen ha dichiarato che "le donne che rifiutano di coprirsi il capo chiedono di essere stuprate"
Non meravigliamoci perchè la giustificazione a queste mostruosità arriva nientemeno che da un Professore dell'Università di Oslo, che si erge a difensore della tolleranza della multiculturale società norvegese. Unni Wikan (una donna, badate bene) afferma che “Norwegian women must take their share of responsibility for these rapes” in quanto i musulmani trovano i loro modi di vestire troppo provocanti. L'esimio professore prosegue il suo strampalato pensiero sostenendo che -le donne norvegesi hanno il dovere di comprendere che per vivere in una società multiculturale occorre adattarsi, pertanto è giusto che modifichino il loro stile di vita-. E quei cittadini musulmani? Loro non possono adattarsi a vivere come delle persone civili?
Fonti: Fjordman, Jihad Watch, Aftenposten

Continua.

L' Osama che amo


Nel 2003 esce un film che denuncia l'orrore e la segregazione delle donne sotto il regime talebano. Il film è stato girato a Kabul e la protagonista è una ragazzina di 12 anni che interpreta una bimba, Maria che vive in una famiglia di sole donne. Il film di Siddiq Barmak, girato completamente in Afghanistan, è tratto da una storia vera.

Piccola trama: la madre di Maria perde l'impiego dopo la chiusura dell'ospedale di Kabul e la famiglia si ritrova alla fame. Maria verrà vestita da maschietto e chiamata Osama. Assunta da un commerciante, provvederà a sostenere la sua famiglia, ma un giorno sarà costretta a seguire dei ragazzini fino alla scuola religiosa....

A mio avviso, il film è molto bello, dunque è da vedere, non da raccontare.
Perchè ne parlo ora? Qualcuno ha pensato bene di inserirlo su You Tube (diviso in parti di circa 10 m l'una). Non credo che rimarrà sul sito ancora per molto tempo.


Il governo Prodi ha sempre la battuta pronta!

Ebbene sì, spiace ammetterlo, ma Prodi è un grande, ci aiuta a sorridere, anzi a sganasciarsi dalle risate.
Il leader del governo-barzelletta dell’Unione, ha escogitato un nuovo tormentone che ci allieterà fino alla prossima estate: “La conferenza internazionale di pace sull’Afghanistan”.
Nell’Italia del 2007, dove notoriamente la“fantasia è al potere”, i ministri non sono solo dei politici, sono dei fenomeni, altroché lo Zelig.

Per Franco Giordano l’acquisto dell’oppio afgano (anche questa è bella) e la soluzione “POLITICA” del conflitto (Ah! Ah! Ah! Troppo forte!), saranno i punti qualificanti della conferenza e rappresenteranno la “discontinuità" con il passato.


Occorre rimarcare che la storiella dell'acquisto dell'oppio a fini farmaceutici non è originalissima: fu inventata dal Senlis Council, un centro di ricerca britannico, consulente anche del governo di Tony Blair (leggi). Ma è bella lo stesso, basta saperla raccontare.

Tuesday, March 06, 2007

Magdi Allam cristiano??

Daniel Pipes scrive che Tariq Ramadan lo rimprovera di avere mentito riguardo alla fede di Magdi Allam: non sarebbe un musulmano moderato, come affermò il Professore durante una sua conferenza a Londra del gennaio scorso, bensì un cristiano copto.
Ma andiamo per ordine. Tariq Ramadan è nipote di quel Hassan AL Banna che nel 1928 fondò in Egitto La Fratellanza Musulmana.
Degno nipote di cotanto nonno, Tariq, già insegnante all’Università di Oxford, vive a Ginevra, dove ha fondato il Movimento dei Musulmani svizzeri. E’ bravo, colto, e abbastanza giovane (nato nel 1962), e il suo progetto per nulla nascosto è di convincere i musulmani svizzeri, italiani, francesi, inglesi, olandesi ecc. ecc. ad unirsi e lottare insieme per un grande ISLAM EUROPEO.

Ebbene, Tarik ha assistito alla conferenza di Pipes, dove il professore tra altre cose molto interessanti, ha affermato che per combattere l’Islam radicale e suicida, noi abbiamo il dovere di appoggiare le sue controparti in occidente.
In particolare “Ayaan Hirsi Ali, olandese oggi in esilio negli Stati Uniti; Irshad Manji, autore canadese; Wafa Sultan, l'esule siriana che oggi vive negli Stati Uniti (guarda video); Magdi Allam, un egiziano diventato un autorevole giornalista in Italia; Naser Khader, un parlamentare danese; Salim Mansur, docente e autore in Canada, e Irfan Al-Alawi, in Gran Bretagna.”
Inoltre:
“Lavorando tutti uniti contro il barbarismo dell'Islam radicale, potrà realmente esistere una civiltà mondiale, che trascenda dal colore della pelle, dalla miseria, dalla geografia, dalla politica e dalla religione.”

Ebbene, due ore di conferenza di Pipes hanno lasciato su Tariq una sola convinzione: Pipes ha mentito: Magdi Allam non sarebbe musulmano, bensì copto.

E noi ci chiediamo: ma chissenefrega?

In ogni caso, il buon Magdi è nato musulmano, in una famiglia musulmana, in un paese musulmano.
Il fatto è che non crediamo che egli sia un musulmano “moderato". Probabilmente è un agnostico o forse ateo, come me, che sono nato cristiano, in una famiglia cattolica, in un paese cattolico, ma non ho la fortuna di credere in Dio.
Ma chissenefrega?

Il nuovo pacifismo mondiale


A word to the wise.

Migliore - cambia Pusher!

II rifondarolo Gennaro Migliore ha lanciato la proposta di acquistare l’oppio afgano, prima fonte di finanziamento dei Talebani. "Il nostro - dice Gennaro Migliore - vuol essere un tentativo di indicare una soluzione politica del conflitto".
Come segnalato dall’ ONUDC e dal suo rappresentante Antonio Costa, in Afghanistan “drug production already accounts for more than 90 percent of global supply of opium” QUI

Il Migliore ha fatto una proposta geniale. Ma quanto oppio dovremmo acquistare? Mille tonnellate? Diecimila? E, tradotto in palanche, una finanziaria? Due?
Suvvia, siamo dei Signori: non facciamone una questione di soldi.
Andiamo oltre.
E’ convinto, quel genio del Migliore, che i contadini afgani abbiano libera scelta di vendere a chi pare a loro? O non è più probabile che siano costretti a produrre l’oppio e a venderlo a prezzo irrisorio esclusivamente ai Talebani?
Inoltre, nel caso si trovasse un accordo, chi ci assicura che i nostri soldi non vadano direttamente ai Terroristi?
Ci pensi? Noi che finanziamo quelli che ci vogliono ammazzare.
Qualche anima semplice potrebbe essere indotta a pensare che sia proprio questo l’intento del Miglior comunista.
Cornuti e mazziati.

Mi dispiace che alcuni esponenti della RnP, partito di cui ho gran stima, appoggino queste idee balzane.

Monday, March 05, 2007

Amici - Elogio della tortura? 2


Un giorno, molti anni fa, in una slastičarna del centro storico di Sarajevo, proprio di fronte alla grande Moschea, l’amico Kasmo ed io, ci trovammo a bere caffè e a parlare di cazzate, o della guerra, come si faceva di solito.
Quella mattina avevamo un appuntamento con il fratello di Kasmo, Refik e suo figlio XXX. Sapevo che Refik aveva passato gli ultimi anni in Germania, lavorando come responsabile alla produzione di una segheria di legnami per l’edilizia. Era partito poco dopo l’inizio delle ostilità e tornava ora, a guerra finita. Devo ammettere che già ero al corrente della storia del fratello “emigrante” e, anche senza conoscerlo, non ne avevo una gran stima. In fondo lui era rimasto al sicuro, nel cuore dell’Europa pacifica, mentre il fratello rischiava il culo combattendo i serbi in Bosnia.
Poi lo conobbi.
Cazzo, completamente diverso dal fratello: mentre Kasmo era calmo, controllato e aveva lo sguardo perennemente “incantato” (qualcuno avrebbe detto “addormentato”), Refik aveva una parlantina scattante e due occhi da furbo ma simpatico.
Era brillante e divertente e già nella prima mezzora di conversazione avevo completamente mutato opinione su di lui, sulla fuga in Germania e sul fatto che il suo stipendio mensile nell’anno 1995 fosse quasi cinque volte superiore a quello di Kasmo, che non era stato l'ultimo dei soldati dell' Armija di Izetbegovic, ma un ufficiale superiore con incarichi di comando, nella 10ma Brigata di montagna di stanza a Sarajevo...
Continua.

Sunday, March 04, 2007

Hamas : ovvero l'educazione dei bimbi in terra di "Palestina"

Molti affermano che la guerra non porti a nulla. Sono d'accordo; ma insistere cercando il dialogo con chi non vuole ascoltare è ugualmente aberrante.



Perchè in realtà sono "mostri" quei mezzi uomini che si servono dei bambini per alimentare l'odio.
Vuoi dialogare con dei mostri?

Clicca sulle immagini per guardare i video.

Elogio della Tortura? 1


"Non sono malvagio. Ho fatto molti errori nella vita, come tutti. Forse qualcuno in più. Ma non sono malvagio.
La guerra t’insegna ad uccidere. Il soldato uccide. Insomma, all’inizio ci prova: non è facile. E’ come nuotare contro corrente. Anzi, No. E’ come fare l’amore con un uomo, se sei uomo e non sei gay. E’ un agire contro natura, ma alla fine si fa, si uccide.
Ma torturare NO, torturare è diverso."

Saturday, March 03, 2007

Grazie Fidel

“Bisogna portare la guerra nei luoghi del nemico: a casa sua, dove si diverte. Renderla totale. Bisogna impedirgli di avere un solo istante di respiro, un minuto di sosta, fuori e persino dentro le sue caserme: attaccarlo ovunque sia. Farlo sentire una bestia braccata ovunque vada. […] La nostra azione è tutta un grido di guerra contro l’imperialismo e un appello all’unità dei popoli contro il grande nemico del genere umano: Gli Stati Uniti d’America...."
(Intervento di Ernesto Che Guevara per la Tricontinental anno 1967)

Non finiremo mai di ringraziare Castro. Se "il Presidente" non avesse convinto il CHE a lasciare Cuba per "esportare la rivoluzione altrove", il Comandante sarebbe ancora tra noi ed avrebbe trasformato la bella isola caraibica in un gigantesco e cupo lager comunista.
Certo, miscredenti, più di quanto lo sia oggi.

leggi
Che Guevara sconosciuto di Massimo Caprara

Thursday, March 01, 2007

Le radici del conflitto 1870-1946


Nel 1870 il giornalista tedesco Wilhem Marr inventa il termine "antisemitismo". Pochi anni dopo fonda la Lega Antisemita e pubblica il libro " la strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo".

Nel 1881 nella Russia zarista scoppiano violente proteste contro la popolazione di religione ebraica. Inizia un flusso migratorio che in 50 anni porterà circa 45.000 ebrei russi in Palestina (il 2% della popolazione ebrea fuggita dalla Russia in seguito ai Pogrom). In questi anni si diffonde un libello che denuncia il segreto dominio giudaico sul mondo. Il libro che verrà pubblicato nel 1909 con il titolo "Il Protocollo dei Savi di Sion" è il rifacimento in chiave antisemita del pampleth uscito nel 1865 contro Napolene III.

Nel 1882, Leon Pinsker pubblica il saggio “Autoemancipazione” in cui si richiede la creazione di uno stato ebraico indipendente per far fronte all’ondata antisemita che stava attraversando l’Europa. Già nel 1882, Edmond James de Rothschild, acquista in Palestina alcune terre da destinare ai rifugiati ebrei, mentre le organizzazioni “Hibbat Zion” dell’Europa dell’Est, incominciano a raccogliere i fondi per l’acquisto di nuovi territori e per supportare l'emigrazione.

In Francia, 17 anni dopo la pubblicazione de " Le Juif, le judaïsme et la judaïsation des peuples chrétiens", Edouard Drumon nel 1886, pubblica
il libro “ La Francia Giudaica”, nel quale afferma che l’influenza degli ebrei sul Paese è distruttiva. Richiede l’espulsione della popolazione ebraica ed il sequestro dei loro beni. Da allora gli opuscoli ed i libri antisemiti aumentano in modo vertiginoso.

In questo contesto,si diffondono le teorie sioniste di Theodor Herzl che nel 1897, nel primo congresso tenutosi in Svizzera, dà l'avvio all’Organizzazione Mondiale Sionista. Massimo obiettivo sarà la fondazione di un nuovo stato che potrà difendere gli ebrei dall’antisemitismo.

Le idee del Sionismo, movimento essenzialmente laico, trovano una tiepida accoglienza in alcuni ambienti ebraici. Inoltre, sono fortemente avversate da una ragguardevole parte degli ebrei ortodossi, convinti che l’unico Stato Ebreo sarà fondato dopo l’arrivo del “Messia”: creare una nazione ebraica prima dell’avverarsi di questa profezia, equivarrà ad un sacrilegio che potrà condurre gli ebrei a nuove sventure.


NOTA - Queste idee sono tuttora condivise da alcuni gruppi di ortodossi presenti in Europa, nelle Americhe, ed in Israele. Spesso alcuni media riportano le notizie di manifestazioni di ebrei contro Israele, intendendo far passare il messaggio che una parte degli ebrei nel mondo si oppone alla politica israeliana. Ma per molti ebrei ortodossi , la politica è ininfluente. Loro, come gran parte del mondo islamico e del pacifismo occidentale, reclamano solamente l’annientamento d’Israele. Pertanto, è facile trovare i loro rabbini in compagnia di Akmadinejad o Diliberti vari QUI, Quo e Qua.

Al Sionismo "pragmatico" si affianca ed in seguito per certi versi si contrappone, il sionismo "spirituale" di Ahad Ha-am. Egli, già dopo i primi tumulti arabi degli anni '20, sostiene che l'aspirazione a creare una nazione per gli ebrei, finirà per cancellare o far dimenticare i principi morali per i quali gli ebrei di tutto il mondo hanno vissuto e sofferto nella diaspora.

Nel 1909 a Haifa, Najib Nassar fonda un giornale anti-sionista ed in un articolo si scaglia contro i proprietari terrieri palestinesi che attirati dal facile guadagno, vendono le loro terre ai sionisti.

NOTA- Fino al 1880 nel grande “Vicino Oriente” gli ebrei della prima diaspora sono poco più di 900.000. Sebbene il Corano insegnasse ad odiare gli ebrei ("Maledetti, ovunque verranno trovati verranno presi e inesorabilmente uccisi" -Corano, XXXIII, 61), molti ritengono che in questi Paesi, fino all'avvento del Sionismo, i rapporti tra le due religioni fossero cordiali. Ed in una certa misura, lo furono. Tuttavia, è importante ricordare che il primo e grande Pogrom del XIX secolo avvenne proprio in Palestina, a Sefad, nel 1834 . Per un mese di seguito, l'antichissima comunità ebraica fu oggetto di persecuzioni e massacri da parte di gruppi di musulmani. Per onor del vero, accadde che molti arabi si adoperassero per proteggere i superstiti (come del resto avvenne quasi un secolo dopo, durante i massacri del 1929). Detto ciò, facciamo un salto.

Nel 1917, l’Impero Ottomano, alleato dei tedeschi, si sfalda ed i territori che ne facevano parte, con La Conferenza di Versailles, passeranno sotto l'amministrazione militare temporanea della Corona Britannica e della Francia.

L’Inghilterra, con la Dichiarazione Balfour, promette la creazione di "un focolare nazionale ebraico in Palestina"

Nota: dopo quest'atto concretamente a favore della causa sionista, la Gran Bretagna non ne fece altri. Anzi, diventò progressivamente ostile nei confronti del Sionismo.

Nel 1920, anche il Times pubblica a puntate "Il Protocollo".

Chaim Weizmann, presidente dell'Organizzazione Sionista per l’applicazione della Dichiarazione Balfour e l’Emiro Feisal, in quel tempo leader riconosciuto del nazionalismo arabo, firmano un accordo nel quale si fissano i confini della Palestina. L’Emiro in calce al trattato, acclude una lettera con la quale saluta “i cugini ebrei” che ritornano nella loro antica Patria. Ma i capi locali palestinesi si rifiutano di riconoscere l'accordo, dando il via alle prime violenze contro la popolazione ebrea residente in Galilea.

Nel 1919 la commissione americana King-Crane, incaricata di studiare la situazione in loco (promotore è la Conferenza per la Pace di Parigi), raccomanda la creazione di un singolo stato arabo (La Grande Siria: una chimera che tornerà più volte nella storia del Vicino Oriente). Il nuovo Stato, che comprenderebbe anche il Libano e la Palestina, sarebbe amministrato temporaneamente dagli Stati Uniti. Inoltre, la Commissione suggerisce di limitare l'emigrazione ebrea in Palestina. Come sappiamo, solamente quest'ultima proposta viene accolta dalla Francia e dalla Gran Bretagna


NOTA - Il membro della Commissione Charles Richard Crane, un ricco americano antisemita e simpatizzante del nazismo, fu uno dei finanziatori delle rivolte arabe organizzate dal Mufti Amīn al-Husaynī (dal 1936 al 1939)

Nel marzo del 1920 i nazionalisti arabi richiedono a Damasco la completa indipendenza e Faysal è proclamato re della Siria. Tuttavia, ciò avviene contro gli interessi di Francia ed Inghilterra. Vi sono dei combattimenti e Faysal è detronizzato. Dopo un breve periodo di regno in Iraq, Faysal sarà condotto in esilio in Francia.

La Lega delle Nazioni, alla Conferenza di San Remo dell’aprile del1920, sancirà i Mandati nell’ordine: la Gran Bretagna, i mandati su Iraq e Palestina; la Francia i mandati su Libano e Siria.

Un anno prima Amīn al-Husaynī partecipa al I congresso di Damasco del Nazionalismo arabo. In seguito fonda l'associazione al-Nadi al-Narabi che insegue l'ideale della Grande Siria. Tuttavia, dopo la Conferenza di San Remo, decide di accantonare la sua idea iniziale, per dedicarsi totalmente alla battaglia contro la presenza ebrea in Palestina.

I primi attacchi agli ebrei in Galilea persuadono i capi sionisti a richiedere all'amministrazione britannica la protezione delle comunità ebraiche . Inoltre, diversi segnali indicano che durante il periodo della Pasqua la situazione sarebbe peggiorata.

Jabotinskij (leader del Sionismo "revisionista", in aperto contrasto con il Sionismo di Weizmann)forma un drappello di ebrei armati e chiede all'autorità militare britannica, di poter contribuire alla difesa della sua gente. La pretesa è negata. Dopo la processione del 4 aprile, iniziano i tumulti. Gruppi di arabi, sobillati da alcuni capi-popolo fedeli a Amīn al-Husaynī, devastano il quartiere ebreo, saccheggiando e distruggendo case e negozi. Durante la notte l'esercito cattura alcuni facinorosi arabi, ma questi saranno liberati l'indomani. L'autorità britannica decide di chiamare in aiuto 200 ebrei del gruppo di Jabotinskij, ma un ordine superiore blocca l'operazione. Il lunedì gli attacchi agli ebrei nell’Old City s’intensificano e l'esercito segnala anche parecchi stupri. Nella serata avviene ciò che l'antica comunità ebrea di Gerusalemme giudicherà come il massimo dei tradimenti: l'esercito lascia la Old City nelle mani degli arabi. A questo punto alcuni sionisti entrano per organizzare una difesa.

NOTA- Nell'inchiesta che seguì alle violenze, l'amministrazione militare imputò la responsabilità ai sionisti. Dietro indicazione dei capi palestinesi, le abitazioni di Jabotinskij ed altri leaders vennero perquisite. Ovviamente nella casa del leader sionista revisionista furono trovate molte armi. Al processo l'organizzazione di Jabotinskij fu anche accusata di Bolscevismo ed il suo leader fu condannato a 15 anni di carcere. Osservando che l'amministrazione britannica non intendeva proteggere la popolazione ebrea, da quello sparuto primo drappello d’ebrei armati, nacque l'Hagana. Da cui ebbe origine l'esercito israeliano. Nello stesso periodo, in tutta la Palestina, sotto la guida di Amīn al-Husaynī, si organizzarono bande armate di arabi.

In un secondo tempo, un'altra inchiesta, osservò che l'amministrazione militare aveva tenuto un comportamento eccessivamente filo-arabo.

In seguito alla rivolta, l'immigrazione ebrea viene rallentata.

Nel 1923 nasce l'Agenzia Ebraica, con l'incarico di agevolare l'immigrazione e trattare l'acquisto delle terre dai possidenti arabi.

1926, prima traduzione e diffusione nel mondo arabo de "Il Protocollo dei Savi anziani di Sion". Fino ad allora il pampleth era conosciuto a Gerusalemme in lingua francese.

Nel 1928 l'egiziano Hassan el-Banna fonda l'organizzazione dei fratelli musulmani.

Durante lo Yom Kippur del settembre 1928 alcuni ebrei che pregano di fronte al Muro del Pianto, decidono di sistemare delle sedie ed approntare una linea di separazione tra gli uomini e le donne utilizzando dei paraventi. Ciò è volutamente interpretato dagli arabi come la volontà di costruire qualcosa dove la legge islamica, dai tempi del Saladino, lo vietava. Le sedie sono rimosse dalla polizia, ma gli ebrei continuano a portarle per pregare. Iniziano i primi attacchi arabi. Il gran Mufti Amīn al-Husaynī coglie la palla al balzo e decide di far distribuire a Gerusalemme ed in tutta la Palestina dei volantini in cui si accusa il popolo ebreo di volere il controllo totale del Monte del Tempio e della Moschea di Al-Aqsa. E' questo uno dei pretesti, forse il principale, che porteranno al massacro degli ebrei nel 1929.

Nota- Al-Husaini fu il primo della lunga serie di musulmani che nel corso degli anni cercarono di aizzare la violenza contro gli ebrei, accusandoli di attentare alla sicurezza dei luoghi sacri all'Islam: La Spianata delle Moschee, il Monte del Tempio (sacro ad entrambe le religioni) e, appunto, La Moschea di Al-Aqsa. Ricordiamo che nel 1922 durante il pellegrinaggio alla Mecca la delegazione palestinese dichiarò: " La nazione islamica palestinese che per 1300 anni ha sorvegliato la Moschea di Al-Aqsa e la Sacra Pietra, denuncia a tutto il mondo islamico il pericolo che grava sui luoghi sacri, cui l'unica causa è l'invasione Sionista..."

Nell'agosto del 1929, alcuni membri dell'organizzazione di Vladimir Jabotinskji occupano lo spazio antistante il Muro del Pianto. Il giorno dopo, in seguito ad una manifestazione organizzata dal Consiglio Musulmano, gli arabi cominciano a bruciare i fogli ed i libriccini di preghiere inseriti nelle fessure del Muro del Pianto. Ed iniziano le uccisioni.

Il 20 agosto 1929 l'Hagana, il reparto paramilitare ebreo istituito dopo le violenze del 1920, si offre per difendere l'antica comunità ebraica di Hebron. Ma riceve il netto rifiuto dei rabbini anti-sionisti, che confidano nella protezione dei notabili arabi. Tre giorni dopo inizia il massacro. La polizia dell'amministrazione britannica, composta di soli palestinesi, prende parte alle stragi. Le città di Hebron e Sefad ed alcuni villaggi sono sconvolti dalla violenza organizzata da bande di palestinesi che si abbandonano ad uccisioni efferate e stupri. Alcune famiglie ebree superstiti saranno nascoste e salvate dai loro vicini arabi e, al termine del massacro, evacuate verso Gerusalemme. La comunità ebraica di Hebron, una delle più antiche della Palestina, verrà completamente cancellata.

Nel 1930 il Segretario delle Colonie, il colonnello Passfield, in seguito a due commissioni d'inchiesta ed indotto anche dalle forti pressioni arabe, con il Libro Bianco impone nuove limitazioni all'immigrazione ebrea che, però continua in modo illegale.


NOTA- Come accadde nel 1920, per la Gran Bretagna l'origine prima della rivolta era da imputare alla persistente immigrazione ebrea e decisero di frenarla ulteriormente, arrestando anche l'acquisto di terra da parte delle organizzazioni sioniste.

Nota - Dopo le stragi del '28 e '29, anche Ben Gurion giunge alla stessa conclusione di Jabotinskji: gli arabi non avrebbero mai permesso la fondazione di una nazione ebraica in Palestina.

Nel 1932, in una Turchia,sempre più filo-occidentale, le donne conquistano il diritto di voto (non c'entra con ciò che sto scrivendo, ma mi piaceva annotarlo.). Nello stesso anno, l'Iraq diventa indipendente dalla Gran Bretagna che vi mantiene solo alcune basi militari. L'anno successivo l'Iraq entrerà a far parte della Lega delle Nazioni.

Nel 1934 avviene un pogrom in Algeria, il primo della lunga serie di attacchi alle antiche comunità ebraiche, che per decenni insanguineranno le nazioni del Vicino Oriente, provocando l'esodo di centinaia di migliaia di ebrei.
In Palestina, le bande del Gran Muftì compiono incursioni e violenze nelle città di Haifa, Jaffa e Nablus.

Amīn al-Husaynī, entusiasta della linea antisemita di Hitler ricerca un primo contatto con il governo tedesco. Due anni dopo, promuove un grande sciopero generale e nel contempo le sue bande di terroristi si accaniscono contro i villaggi ebrei, contro i britannici e contro gli arabi moderati.

Nel 1937 Hitler, che aveva tenuto sotto osservazione la situazione in Palestina, decide di contattare al-Husaynī. Il Muftì, costretto a fuggire da Gerusalemme, incontra gli emissari del Fuhrer ad Haifa. Mesi dopo, tramite L'ammiraglio Canaris, capo dei servizi segreti tedeschi, Amīn al-Husaynī riceverà finanziamenti, armi ed esplosivi.

Nello stesso anno, avviene una frattura nell'Hagana. La parte massimalista si stacca per diventare l'Irgun Zvai Leumi. Un'organizzazione militare di destra, che sarà protagonista anche d’alcuni attentati terroristici contro l'amministrazione britannica.

In seguito alla rivolta araba, la Gran Bretagna studia un nuovo piano di spartizione della Palestina (Commissione Peel), per venire incontro alle esigenze del Nazionalismo Palestinese. Il territorio destinato agli ebrei è notevolmente ridotto, mentre si limita il numero degli immigrati a 12.000 l'anno per cinque anni.

Tuttavia il piano continua a non essere gradito ai gruppi armati di al-Husaynī, che aspirano ormai alla pulizia etnica degli ebrei in Palestina. Dopo quasi un anno di pace, le bande fondamentaliste riprendono la caccia agli ebrei e agli arabi moderati: i morti tra gli ebrei sono diverse centinaia; tra gli arabi moderati, diverse migliaia. Nel 1939, le violenze sembrano acquietarsi, grazie alla repressione dell'esercito britannico.

In quest'anno si pubblica il terzo Libro Bianco.

Al-Husaynī, che per scampare al mandato di cattura inglese si è rifugiato con il suo movimento rivoluzionario in Iraq, diventa la figura chiave del colpo di stato che pone al governo di Baghdad un regime filo-nazista che nella primavera del 1941 dichiara guerra ai Britannici. Gli Iracheni hanno la promessa di un robusto appoggio del servizio segreto tedesco. Tuttavia uomini e rifornimenti non giungono a tempo. Ed I britannici occupano Baghdad.
L'ex Gran Muftì dà l'avvio al Pogrom che nel giugno del '41 cancella la comunità ebraica irachena. Due giorni d’assassini, distruzioni, stupri e saccheggi. Alla fine si contano 180 morti, 900 feriti e 14.500 ebrei spogliati di ogni loro avere.

NOTA- Alcune fonti riportano il numero di 600 morti.

NOTA- Gli inglesi, che avevano già conquistato la città, non si preoccuparono di proteggere gli ebrei, vittime della violenza. NOTA - In una trasmissione radiofonica che avvenne alcuni mesi prima del colpo di stato, il Mufti chiese con forza al mondo islamico di contribuire alla vittoria delle forze dell'Asse e invocò il diritto degli islamici di risolvere la questione ebrea con gli stessi mezzi di Hitler.


Di seguito, 2 filmati sul capo del nazionalismo palestinese.


Torniamo indietro di un anno. L’organizzazione paramilitare IRGUN, reputando Hitler il primo nemico degli ebrei, allo scoppio della guerra aveva stretto un patto d’alleanza con gli inglesi. Ma all’interno dell’organizzazione, un gruppo minoritario guidato da Avraham Stern si oppone a questa decisione e decide di separarsi per formare un nuovo reparto, il Lehi ( o Banda Stern).

Il gruppo, nato con lo scopo di infliggere maggiori perdite alla Gran Bretagna, costringendola ad abbandonare il progetto del contenimento dell’immigrazione ebraica (ricordiamo che con il Libro Bianco del 1939 i permessi d’immigrazione non superavano i 15.000 per anno), adotta una forma di guerriglia appresa dalle formazioni terroristiche dell’IRA. Essendo poco numeroso (un centinaio di militanti), si dedica ad azioni mirate e colpi di mano.

Inoltre, giudicando gli inglesi un nemico peggiore dei tedeschi, la Banda Stern tenta un approccio con i nazisti, offrendo loro la disponibilità a prendere parte alla guerra contro il nemico comune. L’offerta, ripetuta per due anni di seguito, è ignorata dalla parte tedesca.

Nel novembre del 1940, gli inglesi intercettano tre navi cariche d’ebrei provenienti dalla Romania. Al porto di Haifa gli emigranti sono costretti ad imbarcarsi sulla nave Patria, per essere deportati alle Mauritius. I capi dell’Hagana decidono allora di sabotare la nave per impedirne la partenza. Il 25 novembre, prima che tutti i passeggeri dell’ultima nave catturata salgano sulla Patria, una carica esplode nella sala macchine ed apre una falla non prevista, che porterà la nave ad affondare in meno di 15 minuti. Delle 1700 persone a bordo, più di 250 annegano. I superstiti saranno comunque deportati alle Mauritius e ritorneranno in Palestina solamente nel 1945.

Tra l'estate e l'autunno del 1940, la Regia Aeronautica e la Luftwaffe effettuano diversi bombardamenti sulle città di Tel Aviv e Haifa dove gli inglesi amministrano le raffinerie di petrolio.

Abbiamo accennato al golpe filo-nazista di Baghdad, appoggiato da Amīn al-Husaynī. Prima della riconquista del Paese, il servizio segreto britannico decide di inviare alcuni uomini in Iraq con il fine di sabotare alcune raffinerie che potevano assicurare il rifornimento agli aerei della Luftwaffe. Il compito è affidato a David Raziel, uno dei leaders dell’Irgun, detenuto nelle prigioni inglesi. Nel maggio del 1941, Raziel è inviato in Iraq. Ha un secondo obiettivo, assai più importante: eliminare Amin Al-Husaynī.

La morte del Muftì avrebbe certamente cambiato la Storia del Vicino Oriente e del mondo intero. Purtroppo, il capo dell’Irgun e tre dei suoi, periscono sulla strada per Falluja, durante un bombardamento aereo tedesco.

Dopo la riconquista britannica, sia il dittatore golpista Rashid Ali, sia Amīn al-Husaynī fuggono all’estero. Il Muftì si rifugia prima in Iran, poi ad Istambul, dove degli agenti tedeschi lo aiuteranno a raggiungere Berlino.

Il Muftì è accolto da Eichmann nel novembre del 1941. Viene “preparato” per un incontro con il Fuhrer, che avverrà il 22 novembre. Amīn al-Husaynī espone il suo piano a Hitler: si sarebbe adoperato per convincere tutti i musulmani a prendere parte alla Legione Araba al cui scopo principale, la fine dei sionisti, avrebbe unito la lotta contro i Britannici ed i Francesi presenti nel Vicino Oriente, per la creazione di un unico grande stato costituito dalla Palestina, dal Libano, dalla Siria, dall’Iraq e dalla Transgiordania.

Hitler, pur ascoltando con attenzione le proposte del capo dei palestinesi, non le reputa, per il momento, fattibili in quanto è ancora troppo forte il controllo delle forze nemiche sui popoli del Medio Oriente. Il Fuhrer, e anche Mussolini mesi più tardi, preferisce rinviare ogni decisione a dopo la definitiva conquista della valle del Nilo e del Caucaso.

Nel 1942 il Muftì passa alla direzione del “Reparto Arabo”: un ufficio di propaganda antisemita, creato anche per favorire l’arruolamento dei musulmani nelle unità militari Waffen SS e nella Legione Araba.

Nello stesso anno il movimento sionista partecipa alla Conferenza di New York dove richiede con forza la costituzione di un Commonwealth ebraico nella Palestina del mandato. Nel contempo assicura che gli ebrei sono pronti a collaborare fattivamente con i loro vicini arabi.

Dal 1942 l’azione del Muftì si sviluppa su più fronti: compie diversi viaggi nei Balcani per stringere rapporti d’amicizia ed alleanza con i ministri del governo di Pavelic, Budak e Artukovic, e per ispezionare i nuovi reparti musulmani delle Waffen SS a Sarajevo; intreccia legami diplomatici con capi musulmani in tutto il mondo; prosegue la sua propaganda anti-semita e anti-occidentale tramite le trasmissioni delle radio tedesche e per mezzo d’opuscoli che sono inviati in tutti i Paesi del Nord dell’Africa e del Vicino Oriente.

Nel 1943, Amīn al-Husaynī ricopre la carica di Primo Ministro del governo Pan-Arabo.

Il Mufti è entusiasta del programma nazista che riguarda i campi di concentramento. Fonti naziste al processo di Norimberga accuseranno il leader palestinese di essere stato uno dei più accaniti sostenitori dello sterminio “tecnico” degli ebrei. Certo è che fino alla fine del conflitto visiterà a più riprese alcuni campi di detenzione, tra questi anche Auschwitz. Un’altra verità incontestabile è che nel 1943 si adopera affinché la vita di migliaia d’ebrei dei Paesi dell’est (soprattutto bambini che avevano già ottenuto il visto per la Palestina), non sia scambiata, in alcuni casi, con la libertà d’alcuni ufficiali nazisti catturati dagli alleati.

Con alcune lettere di protesta (quella al ministro degli esteri ungherese è del 28 giugno), condanna 7500 ebrei a finire nei campi di concentramento: dalla Bulgaria, 4500 bimbi e 500 adulti; dalla Romania, 1800 bimbi e 200 adulti; dall’Ungheria, 900 bimbi e 100 adulti.

NOTA - Per questa “operazione” le prove sono le lettere scritte a mano dal Mufti, tuttavia occorre ricordare che il processo di Eichmann nel 1961, rivelò che in Romania furono 80.000 gli ebrei con i visti per la Palestina, bloccati prima della partenza dai tedeschi. Molti di loro finirono nei campi di detenzione. Questo in accordo con la promessa di Himmler ad Al Husseini: “nessun altro ebreo europeo avrebbe raggiunto la Palestina”

1944 – le cose non vanno bene per le forze dell’Asse. Il capo palestinese il primo marzo del ’44 incita con forza gli Arabi ad uccidere gli ebrei dovunque li trovino.

I palestinesi che comanderanno i futuri gruppi terroristici nella Palestina del dopo conflitto e in Israele, sono inviati dal Mufti in campi d’addestramento in Olanda.

Il gruppo Stern uccide il Lord Moyne, Segretario del Mandato britannico

Amīn al-Husaynī tenta un attacco chimico a Tel Aviv. Invia una squadra composta da cinque paracadutisti dotati di mappe del sistema idrico della città ebrea e di dieci contenitori di veleno preparato dai chimici tedeschi.
L’attacco è sventato dalla polizia locale.

NOTA – Per una strana versione della “legge del contrappasso”, il Dr. Abu Sitta non riporta assolutamente quest’avvenimento, bensì apprendiamo dalla sua “Storia Buia ecc ecc”, che nel 1947 gli ebrei tentarono di diffondere il virus del colera tra i palestinesi. Ho onestamente dei dubbi su questo fatto, anche perché testimonianze storiche riportano di diverse e limitate epidemie di colera e tifo nell’area africana e medio-orientale, dal secolo XlX.

Nel 1945 il conflitto mondiale termina con la disfatta delle forze dell’Asse. Amīn al-Husaynī fugge in Svizzera, quindi è arrestato dai francesi. Ma riesce a fuggire e si rifugia in Egitto. La Jugoslavia richiede la sua estradizione per processarlo come criminale di guerra. Ma gli inglesi, che potrebbero facilmente catturarlo, preferiscono lasciarlo libero perché è ormai un leader indiscusso non solo dei palestinesi, ma dell’intero mondo arabo: il suo arresto avrebbe potuto scatenare enormi sommosse in tutti i Paesi del Mandato britannico.

Nota – La Jugoslavia aveva ottimi motivi per processarlo: il Muftì, dal suo quartiere generale di Berlino aveva condotto una purificazione etnica della Bosnia. Per mano delle sue brigate musulmane perirono 200.000 serbi, 22.000 ebrei, 40.000 zingari.

In quest’anno scoppia una rivolta anti-ebrea in Egitto con 10 morti e 350 feriti. L’ospedale, l’ospizio ed una sinagoga sono dati alle fiamme. In Libia il pogrom è più feroce. Il 5 novembre del ’45 a Tripoli vengono massacrati 148 ebrei. Le 44 sinagoghe della città sono depredate e danneggiate.

Nel febbraio del ’45, Delano Rooswelt si incontra con il Abd al-Aziz Ibn Saud, re dell’Arabia Saudita, insieme stipulano un patto che vedrà gli americani proteggere militarmente il regno arabo, in cambio dello sfruttamento dei pozzi petroliferi.

Un mese dopo, si dà l’avvio ufficiale alla Lega Araba (già presente dal 1944). Amīn al-Husaynī è uno dei fondatori. L’intento proclamato è “la difesa della Palestina”. I Paesi aderenti sono: l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Transgiordania, l’Iraq, lo Yemen, la Siria ed il Libano.

Nel 1946, ad Al Husseini, accusato di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, è concessa incredibilmente l’amnistia, e può ritornare in Palestina. In Egitto aveva approfondito la conoscenza del gruppo dei Fratelli Musulmani di Hassan AL Banna, appoggiando l’idea wahnabita della creazione di un impero islamico, sulla falsa riga del Reich tedesco. In Palestina, viene nominato capo dei Fratelli Musulmani di Gerusalemme.

Nel 1946 anche il giovane Yassir Arafat (Mohammed Abder Rauf Arafat Al-Kudwa Al-Husseini) incomincia a collaborare con lo zio, con l’incarico di assicurare i rifornimenti d’armi alle bande palestinesi sotto il comando del Muftì.

Il 22 luglio del 1946 l’Irgun, per vendicare un’incursione degli inglesi alla sede dell’Agenzia Ebraica, sistema delle cariche esplosive nei sotterranei del Quartiere Generale dell’esercito Britannico, presso il King David Hotel di Gerusalemme (sede anche della Divisione dell’Investigazione Criminale). Il comando dell’Irgun compie tre telefonate d’avvertimento circa mezzora prima dell’esplosione. Pochi abbandonano l’hotel, e 91, tra inglesi, ebrei ed arabi, periranno nell’attentato.

Il 25 maggio Amir Abdullah discendente di Maometto, che aveva governato sotto l’amministrazione inglese la Transgiordania, diventa re del nuovo Stato indipendente di Giordania (ex Transgiordania). Si dice aiutato nel suo progetto dall’Agenzia Ebraica che vedeva in lui un forte oppositore alle rivendicazioni palestinesi.

Nel 1947 la Gran Bretagna annuncia che non amministrerà ulteriormente i territori del Mandato. E la lega Araba afferma che invaderà i territori appena gli inglesi lasceranno la Palestina. Si cerca di giungere ad un accordo di pace con il segretario della Lega Araba, l’egiziano Azzam Pasha che rifiuta. In seguito, prima dell’aggressione al nuovo Stato di Israele, il segretario della Lega Araba annuncerà l’inizio della guerra come: “ una guerra di sterminio, un massacro di cui si parlerà nei tempi come il massacro dei Mongoli e dei crociati”.

NOTA – Da allora fino ai giorni nostri, molti leaders musulmani hanno pronunciato frasi simili riferendosi alla fine degli ebrei. Per fortuna, sono rimaste solamente parole.

Dopo i primi tentativi falliti di una riconciliazione, anche Golda Meir tenterà di ottenere una promessa di non belligeranza dal re di Giordania, che rifiuterà.

Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite votano la risoluzione 181 che riguarda la spartizione dei territori del Mandato in due stati, uno arabo con il 48% del territorio, ed uno ebreo con il 52%. Gerusalemme acquista lo status di città Internazionale. Gli arabi rifiutano la spartizione. Inizia una guerra civile che si protrarrà fino alla proclamazione dello stato di Israele. E' una guerra interna alla Palestina del Mandato. Tuttavia, sebbene i vicini stati arabi non intervengano, moltissimi sono i mercenari che raggiungono le formazioni armate di Amin Al Husseini, inoltre anche la ben armata ed equipaggiata Legione Araba, ancora ufficialmente sotto il comando inglese, in più occasioni si unisce ai combattenti palestinesi (esempio: il massacro di Kfar Etzion).